LE FOTO DELLA PRESENTAZIONE DI SCREAMING. COME RICONOSCERE UN OPPORTUNISTA E TENERSI ALLA LARGA (CASA EDITRICE KIMERIK)
RENDE (CS) 16 MARZO 2019
IL TRAILER DEL LIBRO.
Presentazione a Tropea ex convento Santa Chiara.
Presentazione Biblioteca Nazionale di Cosenza
Le foto della presentazione a Roma: Biblioteca Camera dei Deputati
Ospite d'Onore al Premio Letterario "Il Blu dei ricordi" indetto e organizzato dall'Ass.ne Brutia Libera
Le foto della presentazione del 18 febbraio 2017 a Rende: Biblioteca Civica di Quattromiglia
Il mio nuovo libro!
“I Bucaneve di Ravensbrück”, è poesia che entra nelle tenebre per
dissiparle, è racconto che ha in sé i morsi e i graffi di un’incomprensibile tragedia ma che non si rifugia nelle lacrime, bensì si fa strada fra le macerie per dare voce agli esclusi dalla
Storia.
Tra i due protagonisti senza nome, aleggiano domande come una moltitudine vivente:
sono i perché di una donna e di un uomo, entrambi scrittori, costretti a dare un senso al loro incontro apparentemente casuale, a mettere a fuoco, sotto la lente di ingrandimento di un’attrazione
improvvisa ed inspiegabile un disegno interrotto. È per questo che il libro si delinea come l’immersione di una storia in un’altra storia, come la sutura necessaria di una lacerazione per un
sentimento che è già stato, in cui i due protagonisti si sono attesi tenendo fede ad una promessa: “… finchè la vita non ci separi” perché “… è la vita che separa, divide,
distrugge.”
L’intreccio del romanzo converge verso un percorso di verità e consapevolezza a
cui i due protagonisti, sembrano tendere nei dialoghi. Percezioni e sensazioni scorrono fra loro fluide, a grappoli o solitarie come continuità di un’altra dimensione. Dopo essere rimaste
acquattate nelle caverne remote della memoria, guadagnano la superficie attraverso un processo di ipnosi regressiva. È qui che la scena cambia, non si avverte più l’odore di carta, di libri, di
successo ma quello putrefatto e greve di un’insana palude da cui il male prolifica. Agli occhi del lettore si impone l’immagine del campo B2 di Birkenau, di un filo spinato attraversato da una
corrente ad alta tensione che divide gli ebrei dagli zingari relegati in un recinto per fare da cavie. Si impongono corpi ed identità distrutte dalla sovrumana sofferenza di non poter più dire a
se stessi: io sono. Nelle viscere della disperazione qualcosa però torna a vivere: il cuore di Marcin Lodz e di Beatrix Cioran, “due giovani innamorati, così vicini al punto di vista di
Dio” da essergli concesso di scegliersi ancora in un’altra vita.
(dalla Prefazione di Nuccia Martire)
LA RECENSIONE DI ANTONELLA RIZZO: Scrittrice e Poetessa
Mentre leggevo l’ultimo libro di Anna Laura Cittadino I bucaneve di Ravensbruck, edito da Kimerik Edizioni, ho appreso la notizia della morte
della grande storica femminista Anna Rossi Doria, con la quale ho avuto la fortuna di sostenere gli esami di Storia contemporanea durante la mia carriera universitaria.
Ebbene, ho conosciuto l’esistenza di Ravensbruck e della deportazione femminile grazie alle sue lezioni magistrali e alla lettura di un testo
che è una pietra miliare nella narrativa di genere: Le donne di Ravensbruck, di Lidia Beccaria Rolfi e Anna Maria Bruzzone, esperienza che ha segnato in modo sensibile la mia coscienza nei
confronti dell’orrore nazista e ha aiutato la comprensione, fino allora parziale, della portata storica e sociologica in tutte le sue sfumature. Questa singolare casualità mi ha accompagnato
durante la lettura dell’opera della Cittadino, eccellente scrittrice calabrese e promotrice di importanti eventi culturali, come il segno manifesto del linguaggio mistico delle coincidenze,
ispirate da una materia animistica, quasi magica. In effetti, la narrazione di Anna Laura Cittadino ripercorre in parallelo la storia di due coppie di amanti, così mi piace definire chi beneficia
della straordinarietà del sentimento immune dai vincoli della materia del quotidiano, con l’abbandono alla sincronicità degli eventi, dominati dal mondo sacro e crudele della natura e della
storia. Ed è strategico il ricorso dell’autrice all’artificio della pratica dell’ipnosi regressiva come liaison tra due mondi apparentemente impossibili da conciliare. In realtà il
sentimento tra gli scrittori protagonisti del romanzo, combattuti nella ricerca quotidiana del sopravvivere alla sottrazione delle pulsioni emotive che alimentano la loro stessa arte, non è così
dissimile dalla storia della giovane Sinti e del medico, anch’egli deportato e costretto a inoculare sostanze terribili alle donne del campo per sopravvivere. L’anestesia dei sentimenti in
cui siamo immersi, che allontana la figurazione estrema del Male dal nostro immaginario come pure il senso intrinseco di ogni atto di bellezza, ci ha privato del senso della Storia e della
capacità di creare esperienze. “Qui, e adesso” è il nuovo credo, come se ogni cosa dovesse compiersi nella centralità della propria esistenza, senza maternità e senza macchia di peccato. La
Cittadino tocca i punti estremi della sensibilità umana con la sua scrittura intensa: l’amore slegato dalle convenzioni e capace di eroismo, come nell’accezione più nobile di Eros creatore e
protettore della Vita; ideale a cui tendere anche tra le pieghe delle esistenze apparentemente gregarie e rassegnate. Emozionanti le descrizioni dell’autrice quando riportano al senso della
quotidiana lotta per la sopravvivenza la gestione di un sentimento nato da una grande differenza, come tutti i grandi amori che sopravvivono alla morte fisica, bucaneve risorti in una natura
impervia e portatrice di dolore.
LA RECENSIONE DEL PRESIDE MICHELE FILIPPONIO
Leggere il romanzo "I bucaneve di Ravensbruck" di Anna Laura Cittadino significa entrare in un mondo in cui la magia, la fantasia, il sogno danno senso alla realtà.
L' amore scandisce i vari momenti del lungo racconto, del tempo che fugge, di due cuori che palpitano e che vivono disagi e speranze, eventi piacevoli e tristi. Il concatenarsi di esperienze
incisive dà luce a tutto il contenuto del libro. Il mondo psicologico della raffinata Scrittrice Anna Laura Cittadino si rispecchia bene nel libro, laddove uno dei protagonisti parla di
"regressione ipnotica". Si tratta di un aspetto che tormenta la Scrittrice in parola, la quale scava continuamente nel passato, chiedendosi, altresì, se credere o meno nella
reincarnazione. Non vogliamo pensare al "pessimismo cosmico" di Leopardi o alla "concezione dionisiaca" di D'Annunzio. Quello che ci interessa è la "Weltaschauung" della
Scrittrice, quella visione del mondo che è "vis construens" se raggiunge la vetta dell'amore, che è soprattutto conoscenza profonda di noi stessi e degli altri. I bucaneve sono fiori che nei campi nazisti di sterminio(i lager) spuntano dalla coltre di neve quali messaggi di bene, di luce, di vita. Tutto quanto suesposto ci dimostra che Anna Laura Cittadino è Scrittrice nel senso pieno della parola, per il suo stile, per la Sua capacità comunicativa, per
l'originalità della trama. "I bucaneve di Ravensbruck" è opera pregevole, da leggere e rileggere con attenzione, da meditare
La recensione di Aurelio Andriani: scrittore e recensionista.
“Il viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi” Marcel Proust.
Due persone con trascorsi diversi che fanno lo stesso lavoro, quello dello scrittore, si incontrano durante delle interviste e scoprono subito un’affinità
disarmate che in realtà non è altro che un amore unico e inimitabile che si perde nel tempo e nello spazio. Le loro anime sono legate da una promessa fatta da altre persone legate a loro
molto prima della loro nascita.
Ho cominciato a leggere “I Bucaneve di Ravensbrück” incuriosito soprattutto del contesto storico di cui il romanzo parla: nello specifico per conoscere più da
vicino alcuni fatti accaduti in una delle pagine più brutte della nostra storia. Mi sono ritrovato catapultato in un romanzo che narra una storia d’amore che va oltre il tempo, che nasce nel
passato e che non morirà mai, nonostante il trascorrere del tempo e il sopraggiungere della morte stessa.
Tutto il romanzo è incentrato sul ritrovarsi di due persone, Marcin e Beatrix che vincono anche la morte grazie al loro amore.
Anna Laura Cittadino affronta due temi, quello della reincarnazione e quello dell’olocausto, mescolandoli in un romanzo poetico e sognante in cui il lettore vi
si immerge, sogna e soffre insieme ai protagonisti. Ho apprezzato come l’autrice sia stata in grado di usare la poesia e il romanticismo per narrare la storia dell’attesa di un amore
eterno.
Ho letto “I Bucaneve di Ravensbrück” nel giro di mezza giornata, talmente forti erano il mio interesse e il mio coinvolgimento nella storia narratavi, anche
grazie alla bravura di Anna Laura nella scrittura della trama e nel saper descriverne efficacemente tutti i particolari.
Consiglio la lettura di questo romanzo a tutti i sognatori e i romantici che credono nei legami anche oltre la morte e lo consiglio anche agli altri, perché
narra di una storia d’amore unica nel suo genere.
I bucaneve di Ravensbruck
nella recensione di Adalgisa Licastro
“I libri hanno un’anima, l’anima di chi li scrive e diviene anima pulsante in chi li legge”
I questa citazione, riportata nelle pagine in apertura, è racchiuso il piccolo, grande segreto che rende avvincente il romanzo: “I bucaneve di
Rovensbruck”.
La scrittrice, attraverso parole che nascono dal cuore, mette a nudo sentimenti e passioni brucianti che coinvolgono il lettore, riconducendolo
a quanto vive, o trasportandolo sull’onda di ricordi che custodisce gelosamente. Leggendo, lo stesso si chiede cos’è per lui l’amore e mette i suoi sentimenti a confronto con i pensieri espressi
dall’autrice che dice: “L’amore è forza, coraggio. Chi ha paura dell’amore ha paura della vita … “ Queste frasi dal forte impatto espressivo, trovano la loro eco nell’anima, per
ridestare emozioni e far vibrare il cuore di chi ama o di chi sogna l’amore con uguale intensità. Di fronte all’amore negato “siamo tutti in attesa di briciole”, scrive la nostra Anna
Laura, toccando il tasto dolente di chi, assetato d’amore, si accontenta di poco.
L’amore è un’ astratta realtà dell’anima che diventa tangibile nei baci, nelle carezze, nella completa fusione dei corpi; è questa perfetta e
inspiegabile integrazione delle antinomie indicate, che consente il perpetrarsi della vita. Gli incontri d’amore che la scrittrice descrive con parole semplici e vere, mai crude, hanno il fuoco
della passione, ma si nutrono anche del tepore della tenerezza, della condivisione di sentimenti e di pensieri. “Lui è … lui è …, è l’altra parte di me, l’altra parte del mio sentire …”.
Ha questa impronta il profondo sentimento che, nel romanzo nasce improvviso tra due scrittori a cui l’autrice non dà un nome, ma che identifica con i teneri nomignoli di birbantella e
birbantino. Ci accorgeremo dopo delle ragioni dell’omissione che potrebbe apparire una banale dimenticanza, ma che in realtà, ha una precisa motivazione.
Per capire, occorrerà leggere fino alla fine.
La narrazione prosegue scorrevole, chiara, armoniosa e, come in un bel quadro d’autore, le parole al pari di pennellate, si colorano di
emozioni. Come frammenti di specchi in un caleidoscopio, i momenti di vita dei protagonisti si alternano in un libero gioco tra lo scintillio dei colori smaglianti dell’amore e le opache luci di
un distacco imprevisto e imprevedibile. Nel romanzo, le ombre calano profonde su quel sentimento che sembrava travalicare il tempo. Ma l’amore che va, torna in misura della forza che
racchiude in sé.
A mutare il corso della storia narrata, è uno scenario inquietante, quello dei campi di concentramento di Ravensbruck. Il lettore si vede
catapultato tra gli orrori della deportazione nazista, senza sapere il perché. La crudezza delle descrizioni contrasta con la realtà rosea della prima parte del romanzo. Dolce e poi amara, così
com’è la vita, la narrazione s’intreccia con il vissuto remoto dello scrittore innamorato che cerca nei meandri dei suoi ricordi, la persona che teme d’avere perduta per sempre. Non si rassegna
perché sa che lei è “la donna che aveva atteso per tutta la vita!”, anche se inglobata in un corpo nuovo.
Rifacendosi alla metempsicosi, fenomeno di trasmigrazione dell’anima, lo scrittore, nella storia il birbantino, si sottopone a lunghe
sedute di psicanalisi e ritrova in un atroce contesto, Lei, la sua Beatrix deportata in quel lager zigano, tatuata con il numero 732015: è la stessa donna che ama in questa sua nuova vita! Ora i
due protagonisti che finalmente hanno un nome, conoscono il perché dell’indissolubilità del loro rapporto.
Ho letto tutta d’un fiato questa bellissima e non comune storia, soffermandomi su una particolare riflessione:<<Se è uno dei compiti prioritari dello scrittore ridare valore all’amore in una delle
forme che dà vita alla vita, Anna Laura Cittadino assolve pienamente il suo ruolo, illuminando con un fascio di luce la gioia di donarsi alla persona amata, nell’anima e nel
corpo.>>
La recensione di Valentina Attinà su Ntacalabria quotidiano d'informazione Nazionale
Il romanzo di Anna Laura Cittadino, “I Bucaneve di Ravensbrück”, che si è classificato al 2° posto al Premio Letterario
Montefiorino (RE) nell’agosto 2016, ispirato ad una storia vera, nasce dall’incontro di due anime, un uomo ed una donna, entrambi scrittori, che cercano, attraverso un percorso di verità e poi,
in seguito, attraverso una terapia di regressione ipnotica, di dare un senso al loro incontro apparentemente casuale che si tratteggerà come un disegno sospeso nel tempo. Nel libro si delineano
due storie convergenti: quella dei due scrittori folgorati da un’improvvisa e inspiegabile passione amorosa e quella dei giovani Marcin Lodz e Beatrix Cioran deportati in un lager nazista, nello
specifico quello di Ravensbrück.
Tenaci, forti, determinati, i protagonisti del romanzo sono come i fiori di bucaneve che crescono e sbocciano
spingendo le foglie attraverso il suolo ghiacciato dalla neve; simbolo di speranza, di consolazione, di passaggio dal dolore a un nuovo inizio, essi rispecchiano totalmente la tenacia, la forza,
la determinazione dei protagonisti del romanzo e del loro amore vissuto in una realtà atroce, insensata, dolorosa. Il libro “I Bucaneve di Ravensbrück”, attraverso un linguaggio lucido e non
artefatto, va nella profondità dell’inquieto vivere, scava nel passato, riordina e ricostruisce il presente e dalle macerie della vita, perché è la vita che separa, divide, distrugge, trasforma una sovrumana sofferenza in
una nuova possibilità di amare.
“Piccola mia può mai disorientare
l’amore? Disorientano la paura, l’errore, il tempo sbagliato, la morale, gli abusi del linguaggio, la mente insidiata da una strada mai percorsa. No, l’amore è forza, coraggio. Chi ha paura
dell’amore ha paura della vita e non avrà mai niente”.
D’altronde, come si legge nell’incipit del primo capito de “I Bucaneve di Ravensbrück”, siamo tutti in attesa di briciole…di amore.
I commenti-recensione dei lettori
IL COMMENTO-RECENSIONE DI KATIA CAIRO: Scrittrice
Ho
finalmente letto un tuo scritto, senza ombra di dubbio sei una bravissima scrittrice, lo sai, io sono una dilettante nella scrittura, posso solo esprimere quello che il tuo libro mi ha trasmesso,
altro non posso osare. "I Bucaneve di Ravensbruck...."un libro magico, mi ha incantato, descrive un amore eterno che va al di là di tutto, un amore che oggi tutti desideriamo, che nasce e vive
nonostante l'orrore, le barbarie, l'impotenza, mentre leggevo mi hai fatto sognare, anche di questo abbiamo bisogno. Descrizioni accurate, realistiche, parole dolcissime, frasi di pura poesia che
rapiscono la mente del lettore, pur evocando una tragica realtà accaduta, lo sterminio dei campi, sei riuscita a trasmettermi sentimenti di speranza, di coraggio, e di amore puro. Si legge tutto
d'un fiato, molto fluido e scorrevole, autrice straordinaria! Sono onorata di averti conosciuta, da te avrei tanto da imparare!Consiglio di leggerlo a tutti, è un libro che fa riflettere su
argomenti molto interessanti. L'amore vince sempre sull'odio, grazie per questo bellissimo messaggio. Chi ha paura dell'amore ha paura della vita e non avrà mai niente. Non dico altro. In bocca
al lupo Anna Laura Cittadino meriti tanto successo
IL COMMENTO-RECENSIONE DI EMANUELE ALOISI:
Poeta
I Bucaneve di Anna Laura Cittadino
Quando si inizia a leggere “i Bucaneve” di Anna Laura Cittadino, sembra di ritrovarsi nelle desuete pagine di un romanzo d’amore. Ma è scritto talmente bene, scorrevole quasi quanto l’acqua
cristallina di un torrente, che senza accorgercene...stimola a completarlo, a dissetarsi di ogni sua goccia, di ogni amore descrittovi: l’amore tra uomo e donna, l’amore misterioso del tempo, e
il suo dolore, l’amore di un amico, e soprattutto l’amore immenso per la vita, che spesso deriva dalla sofferenza. Non è il desueto libro da leggere ad intervalli irregolari. E’ l’acqua di un
fiume che descrive, emotivamente, le carezze sul muschio delle pietre, e sulle sponde di risacche.
È un libro dove è tracciata, con fantasia, una storia meravigliosa, e senza ricorrere a inutili o moralistiche descrizioni sentimentali: volutamente, e fino agli ultimi capitoli, non è citato il
nome neppure dei personaggi principali: Beatrix è una scrittrice, una Lei, una qualunque Donna; Marcin è un altro scrittore, un Lui, un uomo qualunque. Ma personaggi accomunati da un passato, che
non è mai passato, continua a vivere nel presente, o a rincarnarsi nel futuro. Un po’ come fa l’acqua di un ruscello, scorre...ma senza mai prosciugarsi. E la sua freschezza, il rumore sussurrato
dei suoi messaggi (antichi e moderni)...è nelle descrizioni dei luoghi, anche dei piccoli dettagli, dei "VERSI"!
È riduttivo definire questo libro un semplice romanzo, poiché la storia narratavi, è la storia di parole, POESIE.
Un romanzo lo si legge, e se piace...si può decidere di rileggerlo. “I Bucaneve” di Anna Laura Cittadino costringono a rileggerlo non una, ma dieci e tante volte ancora, per meditare sulle
parole.
Grazie Anna Laura Cittadino per avermi
dato la possibilità di immergermi nel senso profondo delle tue parole. Questa sì che è poesia. Oggi sono stato davvero felice di leggere l'odore, l'inchiostro della poesia. Complimenti.
IL COMMENTO RECENSIONE DI
CARMELA PONTI: Poetessa
Oltre al fatto che sia scritto in maniera fluida e che la storia raccontata susciti commozione e lacrime, anche per il contesto storico in cui è narrato, “I bucaneve di Ravensbruck” è un romanzo
che non si legge, ma si “sente”, è poesia che il cuore ascolta come ascolta un preludio di Chopin, parole come note del preludio di un sogno, di una favola che si concretizza nell’amore eterno. E
Anna Laura ci ricorda che l’amore vero, eterno, esiste: è l’amore che disorienta e fa paura perché troppo spesso non lo comprendiamo, non lo riconosciamo; e ci ricorda che basta saper ascoltare
le nostre emozioni e le nostre sensazioni, perché solo loro sono veritiere e ci svelano il nostro io più profondo, sciogliendo, frantumando il ghiaccio che ricopre il cuore, quella sofferenza che
a volte lo fa chiudere in se stesso e gli impedisce di germogliare e regalare il suo profumo al mondo affidandolo al vento. Il romanzo racchiude la fragilità e la delicatezza dell’amore, quella
gioia semplice che nasce nella semplicità di un batticuore e di un solo sguardo, e proprio nella sua semplicità acquista il coraggio, con forza ama la vita e vince, perché è l’amore di due anime
che supera la morte fisica e le unisce per sempre anche quando la vita le separa, annullando lo spazio e il tempo e proiettandosi nell’infinito.
Solo Grazie Anna Laura
Pensavo di vivere cent'anni (Pubblisfera edizioni)
La giornalista Rosalba Baldino, intervista Anna Laura Cittadino!
Il servizio dal 20° min in poi.
Presentazione del 7 marzo 2015- Hotel Excelsior a Cosenza!
LE FOTO DELLA PRESENTAZIONE!
Il book-trailer del libro!
La Prefazione di Susanna Polimanti
“Nulla nella vita è come appare, ma ciò che
noi conserviamo in fondo al cuore, qualsiasi cosa accada nella vita, da qualsiasi angolazione la guarderemo, sarà sempre il fedele specchio dei nostri sentimenti, di quello che abbiamo donato,
amato, custodito… “ Ho volutamente scelto queste parole tratte dal romanzo, perché ritengo possano racchiudere quel misterioso senso della vita che troppo spesso sfugge alla nostra
comprensione, stilla dubbi e pone interrogativi persino sulla nostra coscienza etica. In una signorile ed elegante veste tipografica viene alla luce il nuovo libro dal genio emotivo e dalla
creatività spontanea della scrittrice Anna Laura Cittadino. L’opera affascina non soltanto per la sua brillante impostazione nel continuo avvicendarsi di lirismo ma anche e, soprattutto, per la
genuinità dell’ispirazione che ha saputo infondere una forza e una capacità interpretativa eccezionali a un argomento controverso di centrata attualità: il suicidio assistito. La semantica della
dignità umana attraverso un tema scottante della nostra bioetica colloca il romanzo nel genere etico-sociale e non solo. Infatti, intorno a tale tematica prevale lo stile romantico,
caratteristico dell’autrice mentre lo svolgimento della narrazione realizzato tramite monologhi interiori, trasfonde nella trama l’immediatezza di pensieri intimi, sentimenti, palpiti e traumi
dell’anima che via via si aprono in un fitto tessuto di relazioni interpersonali, ove spiccano innumerevoli spunti di carattere profondamente psicologico. Un ritorno all’amore e uno sguardo
all’infinito nelle immagini dell’ultimo orizzonte percorrono l’architettura di quest’opera, dove il mondo esterno sembra essere ricreato sulla pagina dalla squisita sensibilità dei suoi
protagonisti, fino ad assumere i colori stessi dell’espressione iconica del valore di segni, di simboli quasi magici, che soltanto nella decisione del proprio destino, si rivelano. Il volto della
malattia contrapposto al volto dell’amore, quale salvezza non del corpo bensì dell’anima, si concretizza attraverso due io narranti in prima persona. Anna e Gibèr alternano la loro voce in due
racconti che apparentemente rappresentano due storie diverse; ognuno con i suoi ricordi, con un proprio destino dettato da interrogativi esistenziali, entrano ed escono dalla scena in sequenze
descrittive e riflessive in un unico flusso che s’intreccia e fornisce tasselli d’intense sfumature interiori. Un modus narrativo in cui ogni riflessione personale aiuta il lettore a
immedesimarsi nella triste vicenda e nel tormento di Anna. Gibèr pittore solitario e un po’ scontroso, apre la narrazione, cede il passo alla voce di Anna per poi riapparire nel racconto
suscitando curiosità e mistero. Anna, giovane ingegnere, già provata dal trauma dell’abbandono del padre in tenera età e della morte di sua madre dopo qualche anno, si trova a dover affrontare,
ormai cinquantenne e al culmine della sua carriera professionale, il più crudele degli appuntamenti con le scaturigini della morte.
L’impatto piscologico ed emotivo di fronte alla
rivelazione di un carcinoma polmonare destabilizzano la personalità di Anna e incrinano persino quella sua corazza di protezione, creatasi anche di fronte all’amore, per non dover soffrire e
subire di nuovo le dolorose esperienze di separazioni affettive del passato. Il sorgere improvviso della malattia e un difficile percorso di vissuto, celati sotto la superficie di ricordi
infantili, fanno da cornice alla nascita di un amore tra Anna e Davide Carrisi, che prende vita al riparo di quell’unica ipotesi di continuità esistenziale che viene a mancare. Davide, dedito
anch’egli all’arte della pittura e in particolare di temi floreali, irrompe nella narrazione quasi a distogliere Anna dal suo dramma personale. L’incontro tra i due non ha tanto lo scopo di
rovesciare la decisione di Anna di evitare ogni sofferenza fisica bensì di risaltare la dolcezza e la vulnerabilità dell’animo umano. Il connubio primigenio di eros/thanatos rivive
nell’attimo stesso in cui esiste la negazione della vita e l’esaltazione della stessa. Come dipinte su tela, le descrizioni di luoghi quali la spiaggia e la conchiglia, simbolo di evidente
intimità con il mare, sono impronta dell’introversione mentale e di un temperamento spirituale; come se la materia di cui è fatto l’universo potesse interrogare se stessa, chiedere alla propria
inerzia, al nulla, le ragioni della sua vita e lo facesse con un filo di voce affidato al respiro della natura in un’imponente visione dell’eternità e insieme infinitamente discreta, umile e
universale.
Pensavo di
vivere cent’anniè un romanzo ben ideato dove persino l’originalità fa
la differenza nello stile e nella forma, non mancano infatti tratti di suspense e piccoli espedienti narrativi, quali un ipocoristico con conseguente modifica fonetica di un nome e un colpo di
scena, tecnicamente denominato spannung. Il tutto si risolverà paradossalmente in un epilogo inatteso, di straordinaria libertà, che si apre sullo schermo tangibile e ineffabile della
malattia, modificando la stessa costrizione della scelta di un destino quale ultimo atto supremo di dignità.
Dalla sofferta partecipazione alla tematica
scaturisce quell’intenso afflato lirico che pervade tutta la produzione letteraria della scrittrice e che coinvolge il lettore nella sua personale acquisizione di un orientamento di vita, capace
di scrutare l’anima segreta di individui ed elementi naturali, per confermarci che l’amore ci rende una cosa sola, che siamo fatti per amare, dall’amore veniamo e all’amore torneremo. Una pesante
realtà diviene trucco della percezione, perché la vera malattia è nell’anima e l’amore ne è l’unica salvezza.
La narrazione ha il pregio di riportare il
lettore alle più fresche, genuine sorgenti dell’autentica essenza del vivere; pone in luce con maggiore realismo e drammaticità la condizione dell’uomo di fronte a sé stesso, all’enigma della
propria vita e della propria morte e, dunque alla sua condizione di fronte a Dio.
Ultimo spunto ma non meno importante è dato
dall’alone di speranza che profonde tutta la vicenda, per una qualche ricompensa destinata a coloro che godono dei beni dello spirito, quando anche ciò che è soggetto alla morte conseguirà
l’immunità dalla morte.
Questo romanzo colpisce molto per l’attualità
degli eventi descritti, per la velata denuncia e per il talento dell’autrice nel mettere in risalto i sentimenti e le emozioni di ogni personaggio, in una prosa poetica capace di raggiungere toni
davvero commoventi e ricchi di pathos.
Mentre ognuno di noi s’interroga se realmente
sia o no, padrone assoluto del proprio destino, nasce spontanea la riflessione sul comportamento di Anna, perché forse siamo davvero “nulla” in confronto all’infinito.
I commenti-recensioni dei Lettori
LA RECENSIONE DI NUCCIA MARTIRE (scrittrice-poetessa)
Amore e Thanatos, forze contrapposte attraverso le quali ci è permesso di scorgere il mistero, di percepire l’intangibile e
comprendere che noi non siamo ciò che accade per se stesso ma per una ragione di essere, il nostro vero bene è nell’unità cuore-mente in cui siamo illimitati, in cui la forma cambia e fluisce
perché forma non ha. Con amore e thanatos, una coppia, un archetipo, l’unione della notte e della luce, ripercorriamo il mito, del resto siamo nella
terra del mito ed Anna Laura Cittadino, l’autrice di “Pensavo di vivere cent’anni” ne è figlia. La scrittura, quando è poesia anche nel romanzo, tende con i suoni e i suoi ritmi di sconfiggere
Thanatos; Amore invece distoglie con la sua forza creativa dal lutto che si propone nel futuro. Il legame tra Amore e Thanatos viene ampiamente rappresentato in letteratura, da Ovidio nel libro
delle metamorfosi in cui si racconta di Orfeo ed Euridice, da Apuleio in Amore e Psiche, nel Poema Dantesco con Paolo e Francesca posti dal Poeta nell’inferno, nel girone dei lussuriosi e
presentati al lettore insieme anche da morti, William Shakespeare in Giulietta e Romeo, Leopardi in una sua lirica intitolata Amore e Morte e Cesare Pavese nella sua “Verrà la morte e avrà i tuoi
occhi”. Amore e Thanatos non promettono tregua perché sono la paura ed il coraggio, il sentimento ed il distacco, la nudità di una scelta
che non è convenzione ma strappo ed induce a cercare le risposte che ogni chiamata della vita pretende. I due protagonisti del romanzo “Pensavo di vivere cent’anni” di Anna Laura Cittadino, Gibér ed Anna, per attraversare il dolore
scelgono il viaggio, quello più impervio che non concede sconti ma che insegna a diventare esploratori di se stessi. Nel leggere questo libro si ha la sensazione di essere accompagnati dalla
musica struggente di Handel o di Chopin che permea non soltanto i luoghi, ma anche i pensieri, la voce e i gesti dei personaggi. Anna e Gibér sono le creature di un mosaico fatto a pezzi che le
dita di un restauratore compassionevole alla fine ricompongono per dare ad entrambi la possibilità di incamminarsi oltre il rimpianto. Anna è ferita, ha in sé il seme muto dell’assenza di suo padre che l’ha abbandonata, delle conchiglie che sono simbolo di un
passato che riecheggia, del silenzio assordante del cuore che ha scelto un eremo come distanza da ciò che pulsa ed è vitale. Gibér, da parte sua, ha percorso il binario della “disobbedienza”,
dell’arbitrio, della libertà per approdare nell’isola che ha dentro in cui dimorano l’incanto e il disincanto, l’arte che salvifica e cura. L’autrice, senza mai tradire il suo stile lirico e trascendente, affida all’imponderabile il compito di scompaginare l’ordito, di
rendere il disegno sulla tela insensato e tragico come per Anna la diagnosi di cancro che le fa decidere, nella piena consapevolezza della sua fragilità e della sua forza, di rovesciare il suo
destino non concedendo il tronfo al dolore ma scegliendo di andarsene con dignità dalla vita. Mi sovviene Epicuro nelle sue lettere a Lucilio: “Non è opportuno, lo sai, conservare la vita in ogni
cosa, essa infatti non è di per sé un bene; lo è invece vivere come si deve” e ancora dal De Brevitate vitae: “Ci vuole tutta una vita per imparare a vivere, e, ciò che forse ti stupirà di più,
ci vuole tutta una vita per imparare a morire”. Questo è il filosofo, il saggio, il sapiente che si congeda dal suo corpo mentre lo abita e si cura dell’essenziale, colui che di fronte al
distacco resta impassibile e dissolve i pensieri nell’aria. Ma il poeta? Il poeta ne soffre, patisce il distacco da ciò che gli è più caro e porta in salvo nei versi ciò che amò della vita. Il
poeta vive nel tragico perché vive nel mezzo fra qual che non è più e quello che non è ancora, fra quel che è suo e quello che è Universale. Nel personaggio di Anna l’autrice ha trasfuso la sua
poesia che si esprime attraverso la sensazione di sconfitta, di annientamento, di mancata adesione alla terapia, di sofferenza che Anna, paziente con diagnosi di neoplasia, non nega a se stessa
ma se ne fa carico da sola. Prima che tutto si compia l’Amore fa il suo miracolo e vince la partita con Thanatos spalancando le porte blindate del cuore di
Anna per Davide Carrera, un pittore di acquerelli: “Grazie all’amore di Davide, oggi posso dirti che mi sento immortale, perché lui vivrà in me anche dopo la vita ed io vivrò in lui in
quell’eternità che non so quantificare e che solo il ricordo di un amore vero può dare”. Amore e Thanatos sono l’essenza del contrasto che è il principio stesso della vita, in essi, se crediamo, noi siamo eternamente
per ricominciare.
Il commento-recensione di Carmela
Ponti.
"...il silenzio del mare era un suono che raccoglieva altri suoni, era un coro d'amore puro che spostava le montagne, con la forza della sua melodia. Cos'è questa?
mi chiesi. Musica, poesia? Sapevo che era vita da cogliere a piene mani come non avevo mai fatto prima". "compresi che a volte la bellezza della vita può fiorire con la pioggia dentro agli occhi, in un ricordo che fa male e in un abbraccio
con se stessi che non finisce mai, e si sente forte il desiderio di essere parte di quel cielo". Queste citazioni del libro "Pensavo di vivere cent'anni" di Anna Laura sono solo due dei passi che hanno trovato posto nel mio cuore. Che mi appartengono, perché
quando leggiamo un libro, cerchiamo sempre un po’ di noi stessi nella parole scritte e, pur essendo contraria al suicidio assistito, il libro di Anna l'ho sentito molto mio. Lette così, isolatamente, possono essere lirismi molto belli, ma alla fine solo questo. Ma colte nel contesto del libro rivelano, a parer mio, l'incredibile
sensibilità di Anna Laura; ci sono dualismi di emozioni in queste parole: c'è voglia di vivere e c'è rimpianto, c'è speranza e c'è malinconia, c'è energia e c'è vulnerabilità. Emozioni
contrastanti che svelano il tormento di un'anima arrivata al bivio di una strada finora paradossalmente "annebbiata" da certezze, dalla convinzione della "appartenenza", spazio e tempo
appartengono all'essere umano, che si divide in due strade diverse, ma che hanno in comune un elemento della vita che è per tutti inevitabile: la sofferenza. Qualunque sia la scelta, sarà una scelta dolorosa. Il suicidio assistito è un argomento che ha diviso il mondo, ma più che esso, a dividere le opinioni delle persone è stata la speculazione sulla sofferenza da parte
di politici e massmedia. Pensiamo a Welby, e a Melazzini, o a Eluana Englaro, o a Terry Schiavo, volata in cielo due giorni prima di Papa Giovanni Paolo II e subito dimenticata, messa da
parte dalla "notizia" della dipartita del Santo Padre. Questo per dire che l'interesse pubblico è e sarà solo il profitto, basato sul vendere persino "storie" così drammatiche. Il libro di Anna Laura non ha, a parer mio, queste pretese. Esso è nato per dare un messaggio, non per dividere, perché parla di vita e di speranza. Il libro di Anna Laura è emozionante e coinvolgente, interroga e risponde, assale e difende, è un'umile analisi interiore che alla fine si concretizza nell'amore,
che non guarisce il corpo, ma è di sicuro l'unica soluzione per la salvezza dell'anima. L'inesorabile corso della vita ci coglie alla sprovvista, nonostante cerchiamo sempre di pianificarla, di progettarla, di prendere direzioni e scelte per il nostro
benessere. Gli ostacoli che incontriamo creano sempre, siano essi risolvibili oppure no, dubbi insormontabili sulle macerie di quelle certezze, andate in mille pezzi, che ci creiamo come corazze
contro il dolore. E queste certezze si sfaldano, spariscono perché siamo convinti che la vita ci appartenga, che abbiamo tempo per tutto e per questo non ci soffermiamo a guardare il cielo e le
sue meraviglie. Ma la vita non è nostra e non è nostra neppure la sua fine. Al contrario siamo noi ad appartenere alla vita, siamo noi, l'umanità, a far parte di essa e spesso,
troppo spesso, non ce ne rendiamo conto e ci ammaliamo di "desideri inesaudibili" nella frenesia "dell'avere" invece di vivere nella pace "dell'essere". La pace con noi stessi è, per me, amarsi e
amare questo dono immenso, dono di vita alla vita. L'amore è l'unica medicina, perché l'amore, e solo esso, ci dà quello che serve al nostro benessere, fisico e soprattutto spirituale: il saper accogliere con
speranza la vita, in tutte le sue sfumature, siano esse gioia o tristezza, a prescindere dalla "scelta umana" che si decide di fare, e non è mai troppo tardi per amare. L'amore è l'unico bene prezioso che dà dignità alla vita, è l'unico sentimento che non ha fine, va oltre la Terra, e lo porteremo con noi quando tutti noi nasceremo
in Cielo, ed è e sarà l'unica vera eredità che lasceremo ai nostri cari. Il libro apre la mente e il cuore a questo "accogliere", perché le parole di Anna Laura sono vere, e descrivono con sincerità e minuzia le emozioni che si provano
nell'impotenza di fronte ad una scelta così importante e decisiva, davanti a quel "perché" che scivola nella nostra vita, investendoci di paura che mira ad annientare l'anima, nel triste
abbraccio della solitudine, e a cui solo Dio può dare risposta. E Dio risponde sempre come non ci aspettiamo
Il
commento-recensione al mio libro della mia cara amica, la prof.ssa Daniela Biancotto di Cuneo.
Ciao, carissima Anna,
come sempre ti ho letta con gioia ed ammirazione senza riuscire a fermarmi fino alla fine.
Sono rimasta di nuovo affascinata e toccata dal tuo stile impeccabile, unico, poetico, profondo. La triste storia si snoda in modo delicato, nostalgico, struggente e, man mano si procede nella
lettura, si è portati a riflettere, condividere, ricordare, e, soprattutto, a meditare.
Mi sono domandata più volte cosa hai tu di così speciale, di più rispetto ad altri scrittori e forse, finalmente, l’ho capito: sai scavare nel cuore per farne uscire i sentimenti più buoni e
stimoli ad essere migliori, a vivere pienamente in bellezza questa nostra vita così splendida, così magica, se si ha gli occhi e la sensibilità per cogliere le meraviglie dell’universo.
Quanto mi piacerebbe, cara Anna, saper scrivere come te, ma poeti si nasce, e, se nulla avviene per caso, era scritto in cielo che tu, con le tue magiche frasi, dovessi suggerire il modo giusto
di vivere: con amore, con semplicità, assaporando ogni singolo momento, “cogliendo, cioè, la vita a piene mani”, senza negarsi alle sensazioni piacevoli e semplici.
La vita va vissuta pienamente, perché è una sola. La sofferenza della protagonista la rende migliore, più saggia, più viva. E finalmente Anna capisce di avere un unico ed invincibile nemico, a
cui prima mai si era soffermata a pensare: il tempo. La vita si contrappone alla morte, la gioia al dolore, e l’analisi psicologica si fa man mano più attenta, profonda, melanconica.
Il paesaggio, che fa da sfondo alla malinconia, la luce del crepuscolo, il cielo plumbeo, il mugghio dei flutti, l’ululato del vento, la colomba malandata, che riposa stanca sull’orlo del vecchio
orologio della stazione, sono la giusta cornice al dramma della vita che si sta per compiere.
E il dolore più profondo è prendere coscienza di non avere mai pienamente vissuto per paura di soffrire, per paura di riaprire la ferita inferta dal padre. Ma la vita è adesso e qui, va vissuta e
colta, anche se i drammi passati attenuano la capacità di vivere e di gioire.
Ho quindi ritrovato in questa tua nuova opera, cara Anna, tutta la tua capacità di cogliere i colori e i profumi nella natura, la passione per la vita unita ad una grande saggezza, la stessa che
ti rende così speciale ed unica. Ho visto con i tuoi splendidi occhi, forse per la prima volta, il mare, che anch’io tanto amo, ma del quale mai, prima di leggerti, avevo colto le sue mille
sfumature, il suo dolce sciabordio.
Sono sicura che il tuo libro potrebbe essere la trama di un bellissimo film sentimentale, cioè il genere che noi donne tanto amiamo; te lo auguro veramente con tutto il cuore!
Grazie, grazie infinite, per avermi citata nei ringraziamenti, più ci penso e più mi sento lusingata.
Il tuo libro sicuramente piacerà a tutte le donne che adorano leggere, specialmente a chi ama riflettere e soffermarsi sui grandi perché della vita
IL MIO LIBRO " LA COLPA DI SCRIVERE" IN NUOVA VESTE EDITORIALE E GRAFICA.
PER ACQUISTARE IL LIBRO SCRIVERE A annalauracit@libero.it
La mia nuova raccolta poetica "Vi porgo la mia penna" Gds edizioni.
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La recensione della scrittrice Susanna Polimanti.
La colpa di scrivere di Anna Laura Cittadino
Arthur Schopenhauer ha scritto: “Lo stile è la fisionomia dello spirito”.
Il romanzo La colpa di scrivere è un’autentica testimonianza della passione per la scrittura, propria della scrittrice Anna Laura Cittadino. Il suo stile è impeccabile, preciso,
senza retorica. Il romanzo ha una notevole capacità di coinvolgimento, esercitando sul lettore un potere quasi ipnotico. La protagonista Nina ci prende per mano e ci guida attraverso il suo
difficile cammino, spingendoci ad immergerci nel suo grande amore: un sentimento vero e totalizzante, ma difficile in quanto clandestino.
Un amore inteso come specchio spirituale e come via verso la conoscenza e l’arte della scrittura. Le descrizioni incantano, come dipinti divengono veri e propri personaggi e si fondono con la
trama del romanzo. La natura effettiva ed espressiva è lo sfondo tratteggiato sul quale si disegna l’anima della protagonista che diviene in alcuni punti, genuina poesia.
«Lui aveva abitato il mio cuore ed era il luogo più bello che la mia memoria conservasse»… « Ma l’amore non si sceglie , non è un abito con cui vestire il cuore»… In queste frasi ho ritrovato la
mano della vera essenza spirituale dell’amore, vissuto e consumato fino in fondo, ma che sottolinea i suoi valori più profondi anche quando il tradimento finale ci palesa il risentimento
dell’anima di Nina e di quella sua parte creativa e disincantata sul mondo.
Il romanzo di Anna Laura Cittadino è un valore aggiunto per il nostro patrimonio culturale, un dono per la collettività, un esempio di scrittura sentita, preziosa che avvicina ogni lettore al
mondo interiore dei sentimenti, dei desideri e dei sogni.
Con questo romanzo la scrittrice è riuscita a trasmettere con coraggio anche la realtà più nascosta di una società, a mio avviso, di ogni tempo: l’ignoranza, da intendersi anche come
superficialità e malignità, oltre dunque il suo significato etimologico di “non conoscenza”.
La storia descritta nel romanzo rappresenta dunque una completezza di sentimenti che appartiene ad ogni individuo e che può essere superata ritrovando in noi la capacità di superare i limiti
imposti dal mondo esteriore per raggiungere la vera libertà di espressione spirituale.
Considero questo romanzo come un vero e proprio dono, una trascrizione valida per ogni personale lettura di vita.
(Susanna Polimanti)
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Foto della presentazione "La colpa di scrivere" 23.11.2012 Rende Cs
"Vi porgo la mia penna" Premiato al 7° posto al Premio Nazionale Poesia edita Leandro Polverini 2012
Il commento del Poeta Mario De Rosa al mio libro.
Ciao carissima Anna Laura, la penna che ci hai porto,come la verga di Aronne ,è fiorita di versi stupendi. Amo la tua poesia,perchè vera e capace d'affrontare tematiche varie,senza mai scadere,anzi a tratti s'eleva
raggiungendo finezze stilistiche di notevole valore.Tutti i tuoi versi,riflettono il tuo modo di essere donna, impegnata su vari fronti e fra tutti i tuoi impegni ,la poetessa
rifulge di luce propria.Molti bravi poeti ,si perdono nella loro stessa tela e finiscono poi per scadere di tono,TU NO.Il tuo ardore si coniuga con la padronanza semantica e alla fine l'estetica
e l'umanita' vincono. Non voglio dire oltre,solo:SCRIVI ,C'E' CHI HA BISOGNO DI LEGGERTI,PER RINFRANCARE LO SPIRITO. Un abbraccio Mario.
Il mio nuovo libro "La colpa di scrivere" Collana M.A.R.E.L
La recensione a "La Colpa di scrivere" a cura di Paola Pica: scrittrice romana
Dopo avere letto questo libro così ricco di colpi di scena e di approfondimenti psicologici, avrei il desiderio di cambiarne il titolo in “La Colpa e la Fatica di scrivere”.
Naturalmente, il condizionale è d’obbligo, in quanto non spetta a me modificare qualcosa che è già perfetto così; ma con questa affermazione voglio entrare subito nel fulcro della
storia narrata con maestria da Anna Laura Cittadino.
La protagonista si macchia presto della colpa di cui parla il titolo, addirittura di quella di volere essere alfabetizzata, quando è ancora una bambina che il suo ambiente ha
destinato ai campi, al lavoro e alla fatica, per soddisfare la fame cronica della famiglia.
Ma sarà proprio questo altro tipo di fame, quella per la conoscenza, che trasformerà la fatica primaria per la sopravvivenza in un altro tipo di fatica: la fatica di scrivere.
Fatica più fatica, perché niente è facile per questo povero piccolo essere che la mattina, all’alba, va nei campi con soltanto un po’ di latte appena munto che le balla nello stomaco
vuoto; e la sera si nasconde agli occhi del padre, uscendo con una scusa per andare a seguire le lezioni di scrittura.
E sarà così per sempre: colpa e fatica si intrecceranno per tutto lo scorrere della vita della protagonista.
Se lo sforzo iniziale è quello di guadagnarsi uno spazio e un tempo in cui imparare a scrivere e a leggere, più tardi ci sarà quello di guadagnarsi da vivere con la scrittura e di
soddisfare, allo stesso tempo, il proprio bisogno insopprimibile di esprimere la ricchezza interiore che tutti gli scrittori sanno di avere.
Con mano leggera, che sembra soffermarsi semplicemente sui fatti che vuole narrare, l’Autrice aggiunge alla colpa iniziale anche il peso psicologico di un’altra colpa: quella di
assecondare il volere dell’uomo senza scrupoli che la convincerà a fuggire di casa, quando è poco più che una bambina, per poi sedurla e tradirla.
Mi piace pensare che, più che l’uomo in sé, a convincerla a seguirlo sia il miraggio dello studio e della possibilità di riuscire a scrivere e ad esprimersi sulla carta, come Umberto
sa fare così bene già nei primi messaggi che le invia, seguiti da lettere sempre infuocate dal suo amore appassionato per lei e…per il proprio ego.
Ma la protagonista non è in grado di vedere il secondo destinatario e creatore di quelle missive prolisse ed anche ridicole agli occhi del lettore che, come lo scrittore onnisciente,
sta gradatamente conoscendo tutta la situazione
Come in tutti i miraggi, l’affabulazione avrà la meglio sulla razionalità…e le due colpe, quella di vivere clandestinamente un amore illecito e quella di scrivere, si confonderanno,
in modo permanente, con le due fatiche: vivere questo amore ingannevole e volere emergere come scrittrice.
E sarà il traguardo vittorioso nella seconda sfida a ricompensare la protagonista della propria fatica per raggiungerlo e a farle superare tutto il dolore arrecatole dai suoi duplici
sensi di colpa, che le hanno avvelenato tutta la vita, fino alla fine della storia.
Paola Pica
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La recensione a "La Colpa di Scrivere" a cura di Marzia Carocci;Critica Letteraria-Recensionista-Scrittrice
Un romanzo scritto con padronanza descrittiva, una semantica molto visiva, dove ogni luogo diventa cartolina, ogni dialogo si fa voce e ogni parola si scioglie in poetica espressione.
Anna Laura Cittadino ci riporta in un periodo storico e in un ambiente nel quale l’alfabetizzazione e la cultura apriva la parentesi solo a pochi e certamente non destinata alla popolazione
femminile .
Qui, Nina, giovane ragazza, figlia di contadini, sente la necessità e il bisogno quasi fisico alla conoscenza del sapere, al desiderio d’imparare a leggere e a scrivere per il gusto proprio
dell’apprendimento.
Ciò le imporrà la fuga dalla sua famiglia e dalla sua gente che la critica, la umilia, la giudica.
Ella scapperà con l’uomo maturo che ha conosciuto, che le promette di aiutarla in questa sua passione. Nina, scioglierà quelle catene che la rendono automa involontario di un mondo egoista e
crudele, che non le dona la possibilità di sognare e di essere semplicemente una donna che comprende.
Un libro che è viaggio all’interno di un desiderio, quello del poter decidere e di esistere , quello di sentirsi parte di un mondo che accetta e condivide.
Si parlerà di amore, sentimento forte e passionale che fra Nina e Umberto entra prepotente al di là della differenza anagrafica, al di là del conformismo usuale; amore dell’essenza
vitale, della passione carnale, della simbiosi mentale.
Pagine e pagine di vissuto, di rimembranze, di ostacoli e attese, pensieri che ci lasciano riflettere sulle difficoltà della vita stessa, dove gli ostacoli non ci permettono lunghi passi o
scelte; dove la vita non è sempre sognare.
Il libro di Anna Laura Cittadino è un itinerario nel sentimento e nella conquista, nella passione e nella presa coscienza dove la consapevolezza a volte fa male ma aiuta a crescere malgrado
tutto.
Un percorso senza freni o slanci, alla conquista della libertà, dell’amore che spesso non ha il volto della felicità e dell’eternità.
Il lettore sarà catturato dalla prima all’ultima riga, dove si sentirà coinvolto e partecipe, dove terrà per mano il personaggio di Nina, eroina di volontà e d’intraprendenza, donna forte
oltre le difficoltà nella conquista della propria vita, fra sospiri e vittorie, tra agonie e sconfitte.
Anna Laura cittadino, è un’autrice che sa come trasportarci nelle proprie emozioni e questo grazie alla sua “COLPA DI SCRIVERE” che rende meravigliosamente canto!
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La Prefazione del libro a cura della Critica Letteraria Livia De Pietro
Ho cominciato a leggere il libro di Anna Laura Cittadino, come sempre, con quella curiosità professionale che mi caratterizza per andare alla ricerca degli elementi costitutivi su cui
impiantare la valutazione critica e mi sono accorta di averlo letto tutto d’un fiato, coinvolta totalmente sin dalle prime pagine.
E’ un romanzo scritto in prima persona, dal carattere incisivo perché la costante riflessione su una storia scritta con l’ “io”, il tentativo di rintracciarne nessi, spesso diventano spunti di
costruzione di nuovi significati, di forte impatto per chi legge.
Uno studio filologico su questo libro mi ha consentito di catalogarlo come romanzo a sfondo sociale che ebbe origine nella seconda metà dell’Ottocento, quando, per effetto della crescente
industrializzazione ci fu un cambiamento della situazione sociale per cui si sentiva il bisogno di una letteratura vicina al modo di sentire delle persone comuni, alla quotidianità e quindi
questo genere di romanzo consacra le azioni quotidiane a dignità letteraria. I personaggi sono collocati in un contesto, prima di un paese calabro, poi della città di Firenze,
accuratamente descritti e analizzati, che influenzano e condizionano le loro azioni.
I romanzi sociali insomma, sono cronache sociali in cui prevalente è l’emotività e i personaggi esprimono la mentalità dell’ambiente cui appartengono.
Il romanzo sociale è di due tipi: può essere a carattere intimistico oppure un romanzo cosiddetto ambientale o di costume.
Questo è, fuor di dubbio, a carattere intimistico perché affronta l’individuo dal punto di vista personale, di tipo esistenziale.
Si dice romanzo intimistico quando:
1)I fatti politici sono assenti o comunque di non grande rilievo, per quanto riguarda l'ambientazione.
2) L'itinerario esistenziale del protagonista è prevalente come via obbligata in cui si coglie l'indicibile essenza della vita.
3) Il bisogno di rappresentare direttamente storie di vita vissuta in prima persona, fa adottare un linguaggio tendenzialmente chiaro e comunicativo.
Qui, c’è la narrazione di un sentimento vero, totale e totalizzante. E’la vicenda di una giovane donna che, quando meno se lo aspetta e più ne ha bisogno, incontra l’Amore, quello con la
A maiuscola. In nome di questo sentimento, dona tutta se stessa, accettando con il sorriso sulle labbra le lunghe attese e i piccoli sacrifici di una storia che dà senso alla sua vita. Non chiede
né pretende, paga del tempo trascorso insieme a lui, tra l’altro sposato, con un figlio. Forte delle sensazioni che “sa” corrisposte, fa sopravvivere il suo amore all’assenza dell’amato, con una
voglia disperata di vivere in un tempo che fugge e che non lascia niente più come prima.
Ma ecco che, dopo un'intensa esperienza anche di carattere carnale, che non sembra dispiacere alla giovane donna, questa, inaspettatamente viene a sapere di una presunta relazione di lui
con un’altra per cui prende le distanze ponendo fine alla storia.
Come tutti i romanzi intimistici, questo racconto nasce nel vivere quotidiano e dal comportamento di personaggi reali che nei loro gesti, spesso inspiegabili, cercano di difendersi dai
continui e ripetuti attacchi di un'esistenza in cui appena si è raggiunto un minimo di serenità, immediatamente, rincomincia impetuosa l'onda delle difficoltà.
Nella tipologia dello scrittore si distingue un atteggiamento introverso, da un atteggiamento estroverso da cui deriva il concetto individuale dell’esistenza. Colui che scrive è uno che
pensa in modo soggettivo oppure uno che pensa in modo indirizzato.
Il primo è un soggetto che si ripiega su se stesso, il secondo è un soggetto che annulla se stesso per rivolgere il suo sguardo alla sfera esterna.
Il pensiero soggettivo si distingue da quello indirizzato in quanto nel primo caso il protagonista è il soggetto, nel secondo è l’oggetto.
La scrittura di Anna Laura Cittadino è zeppa di ricordi e di umori poetici.
Leggere i suoi brani che parlano di ricordi è quanto di più godibile, affascinante, misterioso e poetico in cui ci si possa imbattere. La sua è una penna piena di squarci poetici intrisi di
musicale malinconia, di ricordi teneri, di immagini odorose e colori. Una prosa in cui la poesia viene spalmata, accennata, fatta mescolare al ritmo e al suono con un risultato che ha dello
stupefacente.
La sensazione che si ricava, dalla lettura di questo libro, è il risentire un’eco di qualcosa che ha fatto parte della nostra vita di donne, spesso un percorso senza splendore, senza
colore, dell’assenza di qualità, circondate dal degrado morale, dall’insicurezza.
La materia importante di questo libro, quindi, non è tanto la vicenda amorosa, ma il carattere sociale che crea e domina tutta la vicenda, prima tra i mille condizionamenti della vita e i
pettegolezzi del “paese”poi dell’hinterland fiorentino, un contesto il cui tessuto offre una vasta materia di riflessione su temi di interesse collettivo.
Considerati gli elementi interni al testo, si può ben dire quindi che l’autrice esce dalla gabbia dell’io per immedesimarsi in una problematica della storia che tocca un’intera categoria,
in questo caso rappresentata dalle donne del sud che partono dal paese natio con una valigia carica di sogni.
Con linguaggio fluido, Anna Laura ha composto un libro che si legge con avidità. Denotazione essenziale della forma è proprio il linguaggio descrittivo con l’intento di rendere la realtà
leggibile, visiva.
A conclusione della lettura del libro ho avuto modo di apprezzare Anna Laura per la sua straordinaria ricchezza interiore e, cosa non comune, per il suo straordinario valore come persona.
Non mi è per nulla difficile, quindi, complimentarmi con lei per il bel libro. Ciò che mi ha colpito, è la capacità in questo caso, di “generare senso”, inteso sia come “direzione” che come
“significato”. Saper ricostruire l’ordito, la trama di un’esistenza è un antidoto di indubbia efficacia sia contro l’eccessiva frammentazione del nostro mondo interiore come un puzzle, sia contro
il rischio di passività nel subire le ingiustizie della vita.
E’ insomma un libro chiaro, si capisce senza il sussidio di filtri letterari, la globalità della narrazione tende all’essenzialità per cui, leggerlo significa immergersi nell'emozione
pura.
Livia De Pietro
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La recensione della giornalista, scrittrice e poetessa Michela Zanarella.
Guardi dentro di sé. Si interroghi sul motivo che le intima di scrivere. Verifichi se esso protende le radici nel profondo del suo cuore. Confessi a se stesso: morirebbe se
le fosse negato di scrivere? Questo, soprattutto: si domandi nell’ora più quieta della sua notte: devo scrivere? Frughi dentro di sé alla ricerca di una profonda risposta. E se sarà di
assenso, se lei potrà affrontare con un forte e semplice “io devo”, questa grave domanda, allora costruisca la sua vita secondo questa necessità.”Reiner
Maria Rilke
Con queste parole dell’autore nato a Praga, Anna Laura Cittadino si identifica anche sul suo profilo di Facebook. Il nuovo romanzo di Anna Laura Cittadino “La colpa di
scrivere”, collana M.A.R.E.L. è un’ emozionante storia d’amore, dove l’oggetto del desiderio è rappresentato solo ed unicamente dall’arte dello scrivere. Se i consigli, le
tecniche, la struttura organica del narrare venissero suggeriti, profusi ed in un certo senso insegnati da un uomo guida più grande, con un’età anagrafica addirittura più grande del padre,
rischierebbe, la nostra autrice, addirittura l’emarginazione dalla famiglia, i soprusi, le angherie e le critiche degli abitanti del paese, non dimentichiamo che Anna Laura è nata a Rende, in
provincia di Cosenza.
“La colpa di scrivere” di Anna Laura Cittadino si può considerare una storia autentica, una storia di denuncia culturale dove il “diverso dagli altri” a
causa della propria sensibilità di percepire la vita, viene emarginato, deriso, criticato.
“Scrivo da quando ho imparato a farlo, esternando il mio sentire su fogli bianchi.” Così Anna Laura Cittadino confida ai suoi estimatori l’inizio del suo scrivere,
partecipando in seguito a vari concorsi letterari ed ottenendo pregevoli successi.
L’incipit del suo romanzo: “Ho sempre pensato che il destino di ognuno di noi fosse scritto prima ancora di venire al mondo; nel mio avevano scritto che sarei nata in una
famiglia di contadini in un piccolo paesino alle porte della città dei Bruzi, in Calabria, fra stenti, ignoranza e miseria.” Già questa introduzione fa immaginare scenari che
vanno oltre la sopportazione umana ed oltre le sensibilità proprie dell’autrice. C’è un passo nel cuore dell’opera che fa sperare in un sentimento troppo spesso tradito, l’amore:
“In quel mattino di metà marzo, Sorrento aprì lo scenario a quelli che sarebbero stati i giorni “epici” d’amore trascorsi con Umberto. Rimasi incantata dai ripidi pendii rocciosi
che si alternavano ai morbidi avvallamenti verso il mare, le catene montuose avvolgevano la costiera come in un abbraccio, la folta vegetazione rendeva il paesaggio quasi
surreale.
L’hotel che Umberto aveva scelto, era in un luogo tranquillo e romantico. La camera aveva i mobili di vimini bianco e una veranda affacciata sul mare.” La mimesica
descrizione di quell’evento fa capire la sensibilità descrittivo artistica di Anna Laura Cittadino che riesce a fondersi con la natura circostante come in un materno abbraccio dove i sensi
vengono a dissolversi tra mare e cielo in un tutt’uno che genera amore, quello vero!
Anna Laura con questo romanzo riproduce un itinerario esistenziale di agile lettura, traccia con una certa eleganza creativa, una mappa dettagliata di sentimenti e pensieri, senza
trascurare il valore universale dei contenuti espressi.
L'autrice è dotata di una forte vocazione letteraria, tanto che nello scrivere ripone tutta se stessa; si intravede una sorta di sigillo tra anima e parole, poesia e filosofia.
Il romanzo racconta i segreti di una vita, la personalità e l'umiltà di una donna, costretta al confronto brutale con le quotidianità ottuse della gente. La sete di saggezza di Anna
Laura e l'ampiezza di spirito, le consentono di superare brillantemente innumerevoli ostacoli, raggiungendo un rinnovamento interiore indispensabile per la produzione letteraria.
Arriviamo quindi all’explicit di questa avventura scrittoria della Cittadino: “Non avevo preteso né promesso, ma avevo vissuto amando, comprendendo che tutto il bene e tutto
il male, tutte le colpe e tutte le ragioni che vestendosi di rughe solcavano il mio viso erano i segni di una donna che non si era mai piegata al vento contrario degli eventi.” Ci
sembra di assistere alla battuta finale di film di successo e non ci meraviglieremo se proprio questo romanzo, dalle valenze altamente fotografiche, dove l’immaginazione di scene che si
susseguono ci porta a fremere insieme ai protagonisti, venisse trasformato in un meraviglioso film.
ho appena finito di leggere il tuo libro “ La colpa di scrivere “ ma non posso competere con le parole bellissime e piene di significato che ti hanno già scritto nelle recensioni che ho
letto, perciò ti scriverò il mio pensiero con molta semplicità.
Hai parlato così bene della tragedia che ha colpito Firenze durante l’alluvione del 4 Novembre del 1966, che mi è sembrato quasi di vederti nel momento che davi una mano per aiutare, io
c’ero e l’ ho vissuta da vicino, pensa che mi ero sposata il 7 Agosto del 1966, e quando l’acqua ha sommerso la mia città, ho pensato con ironia: speriamo bene…proprio l’anno dell’alluvione
dovevo sposarmi…io che in qualsiasi circostanza vedo sempre il bicchiere mezzo vuoto, ho pensato che fosse un anno poco propizio.
Ma torniamo al tuo libro.
Hai descritto Nina la protagonista del tuo romanzo, in tutte le fasi della sua vita, ed hai spiegato bene il grande amore che ha donato a questo uomo non solo quello del cuore ma anche
quello del corpo, le scene d’amore le hai descritte in modo chiaro ma non sono mai azzardate….
E’ molto bella la parte finale del libro dove descrivi i sentimenti come se tu stessa li vivessi, in quelle pagine c’è tutta la sofferenza di Nina perché, capisce la vera indole di
Umberto che vive solo per dire menzogne.
Ma Nina ha avuto la forza di alzare la testa e ha preso la sua decisione, troppe volte è stata presa a schiaffi dalle bugie ( una tua frase del libro) anche se si rende conto che lui le
ha insegnato il coraggio e l’amore.
Brava Anna Laura hai tutta la mia ammirazione
Un grande abbraccio
Maria Luisa Seghi (Poetessa Fiorentina)
*********************
Mia cara ho appena terminato la lettura del tuo libro.
Ho vissuto un'altalena di emozioni.La prima è che ho avuto subito voglia di
finire di leggere (buon segno, perchè quando leggo qualcosa che non gradisco
interrompo continuamente e spesso non porto a termine la lettura, il segnalibro
rimane in eterno a ricordarmi che ho qualcosa in sospeso).
La prima parte del racconto regala tante emozioni al femminile, fa percepire
odori e luoghi come in un film.Ho trovato molto interessante la descrizione
degli incontri di Nina e Umberto, la passione che ha i risvolti e le
descrizioni di una donna. brava! era come vederli quegli amplessi, passionali,
caldi senza mai scendere nel qualunquismo a volte volgare. Però, sentivo che
mancava qualcosa, avevo paura di rimanere delusa da una conclusione latte e
miele con Andrea, del tipo "e vissero felici e contenti". Poi, poi.................... che meraviglia, che potenza , che descrizione splendida della necessità e dell'utilità
della scrittura. Lì sei stata sublime, brava, brava , brava! anche una persona che non ama scrivere sarebbe rimasta affascinata. Hai rovistato nel mio animo e lo hai messo a
nudo.Inutile dirti
che l'ultima parte del libro mi ha lasciato inebriata, soddisfatta, felice di
aver dedicato il mio tempo a questa lettura. Ecco perchè tanti premi e
riconoscimenti, ora comincio a capire. Si comincia la lettura in un clima
piacevole, soft che va in un crescendo di emozioni e sensazioni che ti svelano
ai tuoi lettori in modo inequivocabile. Quanti cantucci dell'animo ci mostri,
quanti veli sollevi, quante banalità allontani - La prima parte fa conoscere
l'animo, i sentimenti, la carnalità della protagonista; la seconda, bellissima,
mostra cosa è capace di fare una donna, quando vuole, se vuole, quando usa la
sua intelligenza, che va a briglie sciolte e che niente e nessuno può mortificare .
Ti auguro di cuore i successi che meriti- Il 28 giugno la mia mente sarà a
Roma con te- Grazie per questo tuo lavoro.
Affettuosamente Francesca Caputo
" Echi da un cuore di donna" La mia prima raccolta poetica.
La recensione di Maria Luisa Seghi ad "Echi da un cuore di donna".
Apro un cassetto, lì tengo dei piccoli libri, ne apro uno, e leggo una poesia..ne leggo un’altra…entro fra le pagine, cammino fra un verso e un altro..per capire…il
vero significato, sono belle queste parole, sono autentiche, dettate da una mente piena di fantasia di sentimento e d’amore.
Per questo grande pregio che hai nella scrittura, desidero dedicarti il mio pensiero….
Dopo il libro “ Pane per l’anima” dove mi è venuto incontro il ricordo bellissimo che hai di tuo padre, penso che
proprio lui, che ora farà il pane migliore dell’universo, ti getti dal cielo le briciole che rimangono nelle sue mani..e..come coriandoli colorati per magia si trasformano nelle parole che poi
getti su fogli bianchi che tu chiami “compagni silenziosi “….ma quanto rumore sanno fare…
Ti inebri per un’alba profumata, hai definito la tua amata Rende in una bella signora senza tempo, hai parlato di
vita esprimendo con tristezza la tragedia del terremoto, provi sensazioni meravigliose nei colori del cielo e del mare, nella primavera raccogli i petali dei mandorli in fiore, hai visto il buio
del 23 Dicembre che ti ha marchiato il cuore per un grande dolore, ma poi….hai comprato una stella con emozione l’ hai accarezzata e con il pulviscolo della scia hai inciso con grandi lettere il
nome di tuo padre.
Hai visto lampi di felicità stringendo al seno i tuoi figli, che con il tempo che passa inesorabile non li vedrai più
bambini, ma hai dato, e darai loro sempre tutto l’amore del mondo.
Le tue poesie, sono l’eco meraviglioso che giunge dal cuore di una donna che sa entrare nelle pieghe dell’anima, le
mie…sono semplici parole…ma dettate con il cuore e un grande affetto
Maria Luisa Seghi
IL mio libro: Pane per l'anima
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Il commento-recensione della scrittrice Daniela Biancotto.
11 dicembre 2014: "Pane pane per l'anima" continua a camminare sui cuori sensibili dei miei lettori. Grazie Daniela!
Carissima Anna Laura,
proprio ieri pomeriggio, 10 dicembre, mi è finalmente giunto il tuo libro “Pane per l’anima”. Con gioia e commozione l’ho
prima accarezzato e poi l’ho letto tutto d’un fiato, anche se mi ero ripromessa di gustarlo con calma, ma la curiosità ed il piacere della lettura hanno preso il sopravvento.
Il tuo libro è un dolcissimo inno alla vita, all’amore, a tutti i valori positivi, una continua poesia a ciò che di più prezioso
abbiamo al mondo: le persone a noi care che lasciano un’impronta indelebile nei nostri cuori.
E’ un intreccio delicato di sentimenti, sensazioni, ricordi, profumi, dolori ed amore. Hai saputo mettere a nudo con estrema
maestria la tua bella anima!
Come si vede che sei una poetessa! Scrivi in modo chiaro, semplice ed allo stesso tempo ricercato e melodioso. Con che delicatezza
i ricordi si snodano trasformandosi in versi d’amore, per accarezzare, ancora una volta con le sole parole, il tuo amato padre, un uomo semplice, coraggioso, forte, un gran lavoratore pieno
di sentimenti; ecco perché sei così speciale, semplicemente gli assomigli.
Che meraviglia un papà che gioca a nascondino, che ride e sorride, che scherza, che abbraccia! Era un Uomo Vero che ha lasciato un
vuoto incolmabile nel tuo cuore. Gioisci, cara Anna, per aver avuto la fortuna di averlo accanto per tanti anni!
Mi commuovo e gioisco nel pensare che presto avrò in dono il tuo ultimo libro con la dedica. Grazie!!! Sarà il più bel regalo che
abbia mai ricevuto!
Un abbraccio forte forte forte!
Daniela
Recensione a cura della scrittrice Susanna Polimanti
Pane per l'anima di Anna Laura Cittadino:Un libro molto commovente, delicato, dallo stile caldo e avvolgente, particolarmente toccante in ogni suo tratto. Un
racconto intenso ed evocativo, nasce dalla profondità dell'anima e fa scivolare gli occhi di riga in riga nel percorso psicologico di uno straordinario e prezioso rapporto tra padre e figlia che
risalta in particolare il rispetto di un'educazione di altri tempi, mai scontato né banale. Immergendosi nella lettura di queste pagine, inevitabilmente siamo portati a fare i conti con i più
reconditi sentimenti nascosti nel nostro cuore; il tono estremamente dolce di Anna Laura che ripercorre attraverso i ricordi l'immagine dell'amato padre, rende chiara e percepibile ogni nostra
emozione che diviene appunto pane per l'anima in un profondo dialogo tra passato e presente, scritto in terra ma destinato a volare in cielo. Rimane l' attesa di una risposta di luce che si
scontra con la disperazione dell'incontro, dietro l'angolo, di una realtà fisica che non placa il dolore, perché causata dalla fredda e gelida imperizia degli umani.
Frutto di questo periodo travagliato, in cui una figlia apprende ad accettare la realtà della perdita, è lo sviluppo di una nuova relazione con il papà scomparso. Anna Laura trova conforto
nel conservare dentro di sé l'immagine dell'amato padre, i suoi valori, le esperienze condivise, sperimentando la capacità di mantenerne vivo il ricordo e la memoria e di continuare ad amarla,
anche se non è più presente fisicamente. Il dolore per la perdita subita continua sempre ad accompagnare le persone ma con il tempo cambia il rapporto con il
proprio dolore, aumenta la consapevolezza e la capacità di affrontare le esperienze dolorose.
Susanna Polimanti.
La presentazione di Antonietta Cozza
Il racconto si muove tra i fili del ricordo in un oscillare continuo della memoria che fa perdere volutamente il tempo al lettore. E, del resto, la memoria non ha i tempi della sequenzialità
cronologica perché, quando è il cuore a dettare i ritmi, allora le ore, i giorni, gli anni si smozzicano e si attorcigliano in un'unica matassa. Che è quella dell'amore che la narratrice di questa
storia tesse intorno ad un unico grande "fuso": il ricordo di un padre così buono da essere costantemente paragonato al pane che lui stesso creava con le sue mani sapienti. E il ricordo, dunque, si
fa narrazione e le storie, che sono tasselli di piccole vicende quotidiane, scivolano, lentamente, in una sorta di dialogo che l'autrice intesse con il padre nel tentativo di dargli corpo attraverso
la scrittura che è indelebile e che "vince di mille secoli il silenzio". E poi il dialogo si fa, inevitabilmente, soliloquio perché questo grande dolce padre non c'è più e resta sulla pagina il
dolore di una figlia che non si dà pace a fronte di una tragedia che poteva essere evitata. Perché, dietro i ricordi di un padre onesto lavoratore e uomo di grandi valori, c'è anche la rabbia per
quello che si può definire un ennesimo caso di cattiva sanità che, in Calabria, non è isolato né isolabile. E che porta un uomo alla morte tra l'indifferenza e l'inettitudine.
La narrazione, dunque, si spezza in due tronconi: i momenti affettuosi e il dolore per una perdita insensata. La prima parte è costellata dalle immagini (veri e propri frames cinematografici) intense
di una famiglia che gravita tutta attorno alla sapienzialità paterna per poi cadere nel baratro di una vertigine senza via d'uscita. In mezzo la figlia che racconta, racconta, racconta. E in questo
raccontare trova, infine, un senso. Perché, proprio la parola, ha un potere salvifico superiore a quello di qualsiasi medicamento o balsamo medicinale. La parola è trapano, è scavo interiore, è luce,
è vita. E l'autrice lo sa. Ha scoperto che scrivere è il "pane dell'anima". In tal modo, solo in tal modo, il padre resterà per sempre, eternato dalla pagina, avvolto dalla ragnatela delle parole. E
chiunque si accosterà a queste pagine non potrà non amare un uomo "buono come il pane".
Presentazione del mio libro
La recensione di Nicla Morletti
Pane per l'anima sono i sentimenti puri, le certezze d'amore, le belle parole. Pane per l'anima sono queste dolci e profonde pagine per chi si appresta a leggerle ed ha nostalgia nel cuore.
Un racconto di vita vissuta toccante, coinvolgente, che suscita emozione. A tratti si rasenta la commozione nel leggere questo libro. Un evento sconvolgente, in questo caso la morte del padre, fa
ripercorrere all'autrice tutta la sua vita. Ogni ricordo riaffiora alla memoria e viene tracciato sulla carta con l'inchiostro del cuore.
Scrive l'autrice, quasi un sommesso dialogo con il padre: "Ho provato a tornare indietro negli anni e a vestire con i miei pensieri il giorno in cui sei venuto al mondo… una di quelle giornate pazze
di marzo, fredde e bizzarre che, se ti affacci sul davanzale, vedi le primule ricoperte di ghiaccio…"
Un libro della memoria molto commovente, che tocca le corde dell'anima.
La recensione di Elisabetta Ricci
Quando mi ritrovo un libro tra le mani, difficilmente resisto alla tentazione di leggerlo.
Lo sfoglio, fingendo di appuntare il mio interesse su una frase, un periodo, ben consapevole che in men che non si dica mi ritroverò alle ultime battute.
Con Pane per l'anima è stato diverso.
Il libro, di Anna Laura Cittadino, racconta una storia, un percorso esistenziale.
Conoscendo Anna Laura e la sua storia, mi è sembrato più opportuno accostarmi a questa lettura con la delicatezza che conviene, per entrare, in punta di piedi, nelle pagine di un vissuto non così
lontano.
Pagina dopo pagina raccolgo i frammenti di una giovinezza fatta di piccole cose, quelle piccole cose che col passare del tempo restano nel cuore e che aiutano ad andare avanti.
Frasi semplici e spensierate, come spesso è l'età adolescenziale, circondata dagli affetti più cari. Le riunioni familiari, i dialoghi col padre... Il padre, la figura più importante, che da
sicurezza, che sa infondere tranquillità anche nelle situazioni più difficili.
Anna Laura ha raccontato suo padre, ma non l'ha fatto direttamente: il suo profilo emerge filtrato dalle emozioni di Anna Laura, dal suo modo di raccontarlo, semplice e sincero.
Narra in prima persona la sua esperienza, ma è come se stesse dietro le quinte di un grande, tristissimo film, per dare spazio ad un amore grande, che non conosce limiti, quello per suo padre.
E anche quando la disperazione prende il sopravvento, quando ormai è troppo tardi e lo smarrimento confonde e dilania, Anna Laura non perde di vista il caro padre, dedicandogli un pensiero, una
parola, narrando ancora della sua gentilezza e del suo buon cuore.
Anna Laura e suo padre. Un caso di malasanità. Un caso..
Non si è mai "un caso". Dietro una cartella clinica, un referto, un camice c'è una storia.
Eppure, nonostante sia così eclatante la rabbia e il dolore, il protagonista è l'amore, l'affetto incondizionato per il padre.
Nonostante tutto la rabbia non riesce a farsi strada tra le pagine, non prende mai il sopravvento. E' senz'altro forte e presente, ma soccombe alla delicatezza dei pensieri e ai sentimenti.
L'amore è più forte. Vince sempre. Su tutto.
Da una pagina di Pane per l'Anima
19 Marzo 2003
La luce filtrava appena da sotto l’imposta chiusa, quel poco che bastava a farmi capire che era ora di alzarmi.
Non ne avevo voglia.
Sentivo invece il bisogno di continuare a crogiolarmi sotto le coperte lasciando liberi i pensieri.
Mi sono girata verso di te e ti ho guardato, a te il mio sorriso e il primo buongiorno, poi mi sono ricordata ed ho aggiunto:”Auguri papà”.
Diciannove marzo, festa del papà,una data che avrei voluto cancellare dal calendario perché per me oramai priva di significato.
Ci ho provato sai, ho provato ha sedare quel dolore che sentivo ancor di più crescere dentro, non ci sono riuscita perché tornava prepotente a urlare con tutta la sua forza.
Ho trovato rifugio nei ricordi, un balsamo per quel dolore che nulla voleva capire.
Mi aveva svegliato la tua voce al telefono, quello che credevo fosse il cuore della notte era in realtà la mattina.
Che fai ancora dormi? Mi hai chiesto.
No, ero già sveglia da un po’, ti ho risposto.
Vergognandomi della mia pigrizia perché tu, dopo sei ore di lavoro notturno, eri già pronto a viverti la tua giornata.
Se non hai da fare andiamo alla fiera di San Giuseppe, mi hai detto.
Acconsentii e venni a prenderti.
Durante il tragitto ascoltavo il tuo racconto sulla fiera dei tuoi tempi, fiera del dopo guerra dove la merce esposta per lo più proveniva dall’America, la fiera degli anni cinquanta, del bianco e
del nero,dove gli unici colori che riuscivi a portare a casa erano quelli delle arance e dei mostaccioli al miele di fichi,così duri che prima di riuscire a mandarli giù dovevi tenerli in bocca
almeno per mezz’ora.
Nella fiera d’oggi tornavi ad essere il bambino di ieri.
Io a far da genitore, tu da figlio,per tener fede a quegli occhi da bambino di allora, che aveva mangiato solo con lo sguardo il mondo della fiera che lo circondava.
Nei miei c’era l’approvazione per poter comprare un panino con la salsiccia alla griglia.
In fiera ha un altro sapore mi hai detto.
Quello che oggi ti concedevano le tue tasche non ti era più concesso dalla tua salute.
Girovagammo per ore tra i banchi dei venditori, un pensiero per tutti da portare a casa in ricordo di quel giorno vissuto in piena libertà, senza orari, né diete,per tornare a casa con le tasche
vuote ma con il cuore pieno.
Stavamo tornando quando Giammy mi chiese di comprare una paperetta,al mio rifiuto ti sei fatto avanti tu: “Ma dai compriamola,una volta cresciuta un po’ la porti da me in campagna, se Giammy non la
uccide prima!”.Scoppiamo a ridere e la comprammo.
In macchina con lo schiamazzo della papera mezza chiusa in un sacchetto di plastica, passavamo a rassegna i minuti di quel giorno, ad ogni racconto buffo che ci tornava in mente scoppiavamo a
ridere.
Avrò pensato solo per un istante che non avrei più consumato altri passi insieme a te per quelle vie?
Che non avrei più condiviso un’altra risata rincorrendo il palloncino che il vento ci aveva strappato dalle mani? Che non avrei più gioito nel sole di marzo insieme a te?
No, non ci ho pensato neanche per un istante.
Raccoglievo quei momenti e li tenevo chiusi nello scrigno che racchiude i ricordi più belli della memoria. Oggi l’ho aperto, anche se fa male.