Presi posto su una sedia e mi soffermai a sfogliare la vita che scorreva tutta intorno. Mi guardavo intorno come se fossi
estranea a tutto ciò che mi circondava ( a cosa pensi? Mi avrebbe chiesto qualcuno che non c’era) – A noi- ho risposto con la mente e al nostro miracolo! Miracolo che comprese già Platone quando
creò il mito della creatura originariamente completa dell’elemento maschile e femminile, separato in maschio e femmina da una divinità invidiosa di tanta perfezione in terra, per cui quando
le metà separate si ritrovano, si riuniscono e ricostituiscono la perfezione turbata. Anche la saggezza popolare sostiene che quando due essere armonizzati per temperamento e per
carattere si incontrano formano un capolavoro; noi lo siamo- con i volti e l’anima scolpiti dalla bramosia del tempo, dal tanto attenderci. E senza parole, senza promesse, scandimmo insieme
l’impeto della passione, appagando le ambizioni estreme d’ogni bisogno d’amore, inarcando la schiena al desiderio fremente, mordendoci l’anima, spegnendo a ogni gemito il fuoco ardente del
peccato, trasudando di miele e d’affanno per consegnare agli occhi e al cuore il ricordo di giorni eterni- (nella tua assenza non sono mai lontani da non sentirne l’eco).
Ho bisogno di te- mi sussurrasti piano mentre io dormivo raccolta nel tuo abbraccio. Se mai un giorno la vita dovesse separarci
ancora-ti dissi- voglio essere io ad andarmene per prima. No, non è un gesto di generoso amore il mio- è egoismo. L’amore è egoista ed io lo sono.
Voglio andar via per prima, certa che ovunque io sia possa ancora udire i battiti del tuo cuore, quando nella carezza della
memoria ri-incontrerai i miei occhi. (@.L.C. tutti i diritti sono riservati)
Non credo che la gente viva in una sorta di teatro dell’esistenza dove ognuno recita una parte vivendo la
finzione al tal punto da rimanere intrappolato nel personaggio che interpreta. Penso, questo sì, che la vita non vada interpretata ma vissuta, perché bella, perché sorprendente, perché il dono
che ci è stato fatto non può e non deve essere mortificato nè gettato via. Che poi si tocchino vette di straordinaria bellezza e abissi orribili di dolore e spavento, è conseguenza ineluttabile
delle cose. Uno degli errori più diffusi del quotidiano andare, sta, credo, nell’incontrollabile egocentrismo della natura umana che porta a considerare il prossimo poco meno di un accessorio da
possedere o da buttare a secondo delle circostanze, dei tempi, delle condizioni. Il porre al centro del pensiero e delle azioni il soddisfacimento delle proprie necessità – comportamento peraltro
degno d’umana comprensione – non dovrebbe però poi far prevalere contrasti talmente negativi da trasformare, come conseguenza di un’alchimia del male, l’amore in odio, il rispetto in
prevaricazione, la memoria in fango. Forse non siamo ancora del tutto pronti, forse mettere in discussione la bellezza è un modo possibile per sentirsi migliori o giustificare il grigiore. Ho
conosciuto persone che mi hanno dato così poco ma che amo infinitamente e altre a cui ho dato quel tanto che ho potuto e che hanno pensato che non era niente.
Ma è la vita!
La vita che va avanti con le sue contraddizioni, con quel suo fascino immutabile che regala poesia e respiro a tutti senza distinzioni e senza chiedere niente in cambio e che dovremmo provare a
guardarla con gli occhi dei bambini.
(@.L.C tutti i diritti riservati )
Ogni tanto bisogna fermarsi ad osservare che forma ha il dolore degli altri, perché non è vero che vale la metà di quello proprio.
Le lacrime distillate da occhi che non sono i miei, mi affondano in un oceano di tristezza.
(@.L.C.)
Se imparassimo a capire quale impatto hanno le parole, i gesti ed i silenzi, se provassimo a smettere di devastare con disinvolta
stupidità la sensibilità e la vita degli altri, se smettessimo di parlare di poesia senza nemmeno sapere cosa è, se lasciassimo alla scrittura il compito di raccontare e non di
imbrogliare!.
Se riuscissimo a cogliere i riflessi colorati di tutte quelle forme di luce che splendono negli occhi di chi ci apre il cuore e ci
porge la mano, sono certa che ne raccoglieremmo perle.
(@L.C.)
Non è mai sesso, se nella fusione dei due corpi si è sentito un altro cuore battere contro il tuo.
(@.L.C:)
Eravamo acqua e sete, tu ed io nella stagione dei cancelli.
Trasudavamo d’amore e d’affanno nel preludio di dolce e lenta agonia d’attesa; le tue labbra così distanti dalle mie!
Ammainammo i cuori, non per viltà ma per amore. Per quell'amore che si arrestava al timore della luce e che il mondo mai definì
amore.
Quell’ amore che inutilmente provammo a raccontarlo, dimenticando che un solo brivido disarmava di penna ogni scrittore, che un
solo bacio riscriveva la storia tutta del pensiero, pur sapendo che ogni sosta degli occhi negli occhi, ammutoliva schiere di angeli e poeti.
Non ci arrendemmo mai come foglie secche, stanche di troppa estate.
Versavamo da bere alla malinconia per ubriacare l’anima e brindavamo al tempo che scandiva ritmi e non si fermava mai, chiedendoci
dove andassero a posarsi i desideri degli amanti inascoltati.
(@.L.C)
Quante favole ci siamo raccontate , io e te negli anni?
Qualcuno molto più abile di me e di te nelle parole, ci ha sempre raccontato che l’amore come l’amicizia non conosce distanze e
che abita vicino al cuore di chi lo vive! E noi ci abbiamo creduto tante volte in questi lunghi dieci anni, perché un' amicizia come la nostra è più salda delle mille leghe dei binari e meno
tortuosa dei migliaia di chilometri che ci separano, e che tutto ciò che lega il vero, il puro è inspiegabile. Inspiegabile come ogni cosa di cui sfugge il senso, quando un senso c’è;
inspiegabile come la felicità quando coglie di sorpresa, come il destino quando tradisce, come l’oscurità che inganna, come il sapore di un bacio rubato, come un dolore sconsiderato, come i sogni
che si avverano, come uno specchio che non riflette il vero, come i mille non so di tutta una vita.
La vita! Ed eccola qui la vita, disciolta in un imprevedibile acquazzone e non è pioggia. La vita, la nostra, equamente
divisa fra il bene e il male, immutabile come il pensiero che diventa arte, misticamente bella come l’Ave Maria di Schubert. O insensata come una preghiera che cade nel vuoto, come tre minuti
spesi ad ascoltare una stupida canzone, come gli anni consumati a rinunciare ora per chi, ora per cosa. E quante cose in questo nostro esistere vivono e muoiono nello spazio di un istante. I
nostri istanti e i nostri pensieri distanti, che mille volte abbiamo fermato sui vetri appannati d’inverno, mentre i nostri occhi scorrevano alla stessa velocità della musica che ci portavamo
dentro.
Perché nessuno ci hai raccontato mai, che le lacrime quando cadono hanno più sollievo se ci sono dita amiche a raccoglierle, che
la neve che si sente dentro all’improvviso in una giornata di luglio, trova calore solo in due braccia che ti stringono, che i battiti del cuore li senti solo se ti ritrovi stretta a un altro
cuore e non esiste gif che possa sostituirli. Perché nessuno ci ha raccontato mai, che la distanza è un orizzonte che continua a non farsi raggiungere, che il sole e la luna scandiscono il
tempo senza noi, che i ricordi li abbiamo impaginati con il filo dell’emozioni e delle speranze.
La nostra favola, mia dolce amica è un inedito capitolo di vita scritto su pagine inzuppate d’assenza ma con l’inchiostro
indelebile del cuore e continueremo a crederci. @L.C.
( Ad Elisa: my sister)
Cosa ti costa provare?
Ed io che non sono stata mai immune al richiamo solenne del cuore, non mi feci incatenare all’albero maestro e rimasi
all’ascolto, annusando l’aria che stranamente dal mare portava il profumo dei gelsomini in fiore. Pensai, che nessuno è mai troppo grande per rinunciare a ritagliarsi il diritto alla
felicità e che fosse giunto nuovamente il tempo dove i sogni si lasciavano sognare.
E’ così ho provato! Abbiamo provato. Perché entrambi eravamo stanchi di quella solitudine che si cibava di ricordi in
stanze vuote. Ci siamo lasciati guidare dai nostri occhi.
Gli occhi non mentono mai- mi hai detto. Nemmeno quando ti leggono la mano e non puoi vederli. Due occhi non sanno mai nascondere
la verità. Due occhi possono cambiarti la vita in un istante. Sono specchi veritieri che tracciano traiettorie impensabili, incrociando destini e fortune.
Che cosa importava sapere di intraprendere un viaggio che conduceva in nessun luogo. Ci sentivamo grandi, anche sotto un
cielo troppo grande per appartenerci, e liberi dentro un sogno clandestino che a fatica si ritagliava un posto all’esistenza. Ma in quegli occhi volli perdermi sfidando la paura, come quando da
bambina faticavo e non poco a restare in equilibrio per imparare ad andare in bicicletta. Perché forte era il desiderio di gareggiare con il vento che mi sferzava il viso e mi avvicinava a Dio.
Quante volte sono caduta scorticandomi le mani e le ginocchia e tornavo a casa sanguinante, con gli occhi pieni di lacrime, a capo chino e di nascosto andavo in bagno a pulirmi per non farmi
vedere. Non era solo per la mortificazione di essere caduta, ma ciò che odiavo di più era il rimprovero di mia madre, “ ti avevo detto che ti saresti fatta male”! E lo sapevamo
anch'io e te che potevamo farci male, e ti ho teso le mie mani per farle restare aggrappate alle tue, come tenero appiglio per non cadere, per scacciare via la paura, per rifuggire il senso
di vuoto, in quel tempo che profilava per noi un tramonto inquieto. Lo sapevamo che il cuore ci sarebbe tornato fiacco se ci fossimo fatti male, molto più fiacco, perché si sarebbe arreso
sotto il peso degli anni. Tu eri riuscito a farmi sorridere e quanto splendore, quanta smisurata grazia abbelliva i lineamenti del mio viso, anche quando la tua assenza si faceva dolore e
una lacrima riluceva fra le ciglia e le guance, gocce di madreperla ricamate da un sogno ancora vivo e quel sorriso, quel sorriso benedetto era vento, un vento mite e trasognante venuto a
consolare gli affanni sulla schiena del tempo. Dietro a miei occhi, ora, l’infelicità si arrende al riflesso della luna, lasciando il posto a un sottile struggimento dell’anima preso in trappola,
ancora una volta, dal tuo sorriso dietro i cancelli dei ricordi.
( @
L.C.tratto da “Prigioniera del vento”)
Il tempo che vorrei...
Un’ inconsueta turbolenza di pensieri,
incessante come il susseguirsi d‘onde del mare di dicembre, insidia e inquieta questo mio momento. La prevalenza del pensiero torna però a riflettere sul senso di questo mio tempo e di tutto ciò
che è stato.
Certo, è vero che la vita a volte ti presenta il conto e che
probabilmente quel conto è una truffa perché ti chiede più di quel che hai dato, ma ridurre il vivere a un calcolo da contabili dell’esistenza è come chiedere consigli all’architetto su come far
l’amore o recitare poesie in rime algebriche; no, la vita è comunque meravigliosa con i suoi bilanci incostanti di follia e splendore.
Ed io rivoglio tutto in questo tempo nuovo.
Voglio tutti i miei sbagli, i cedimenti, i tentativi, le imperfezioni, con tutte le conseguenze di lacrime e di gioia che hanno recato.
Uno per uno, perché ognuno racconta quanto delirante amore ci vuole per vivere, perdonare, perdonarsi o restare o andare via.
Perché ognuno ricorda quanto coraggio serve per non fermarsi ad aspettare passeggeri impreparati al viaggio. Il treno non aspetta mai a lungo alla stazione e perderlo è un attimo anche quando non
c’è biglietto che valga la sua destinazione.
Certo è, che non è facile in questo tempio di presunzioni, egoismi, certezze ed incertezze, sotto queste nuvole pazze di tempeste ed impazienza, far finta che splenda sempre il sole, però
vorrei…
Vorrei che la vita di ognuno di noi si svestisse di logore pretese e di giochi di potere, che ogni attimo venisse vissuto
con amore, conservasse l’unicità della sua bellezza senza poi essere sfigurato dagli egoismi e dagli eventi. Vorrei che l’amore non venisse deriso, che si restituisse con dignitoso rispetto il
valore ad ogni piccolo sentimento proprio ed altrui, conquistato o perduto; vorrei che la misura della sincerità di una carezza fosse lasciata alla naturale capacità di percezione e comprensione
e non a quella di sferzanti moralismi e matematici calcoli fra il dare e l’avere. Vorrei che un bacio sui capelli fosse un sigillo incancellabile, un abbraccio fosse poesia senza parole, uno
sguardo risuonasse nel cuore come musica senza tempo.
*A.L.C*
****************************************************************
Un soffio d'infinito
Mentre l’ultima carezza d’autunno scendeva su Trastevere alzando gli occhi verso il cielo di Roma sentivo che i luoghi dei sogni non hanno forme precise né pretesa di sublime, se abitano da sempre nell’anima di chi non smette mai di sognare. Guardavo le stelle replicare la loro bellezza nelle acque del Tevere e pensavo a come il passato, la paura e la cattiva sorte, disorientino i sentimenti e quanta fatica costa restare se stessi e andare oltre.
Mi fermai per sentire il vento sulla pelle, e ogni pensiero fuori posto se ne andò, per non deludere la poesia di quel che era e di quel che ancora, anche il più piccolo battito del cuore,sapeva dare.
I miei passi risuonavano sui sampietrini consumati dal tempo e scandivano le distanze tra l’incerto confine;fra sogno e realtà.
Sapevo che da qualche parte lì vicino batteva il cuore di una poetessa inquieta e forse anche quello di un pittore e forse anche quello di un musicista stanco ma, io coglievo il
privilegio di esser donna, sangue e umanità,lasciandomi dietro una notte ingiudicata con tutti i suoi misteri in un soffio d’infinito.
A.L.C
*******************
Tra mare e cielo
Fra troppo caldo in questo sabato d’agosto.
Se solo queste nuvole la smettessero di ristagnare buie che incombono da lassù come assassini in procinto di colpire.
Se almeno piovesse!
Fra i miei occhi spalancati e questo cielo d’agosto si frappone il silenzio delle acque d’un mare imprevisto, stranamente immobile.
Osservo, trattengo il respiro e affogo i miei neri pensieri nella trasparenza del suo fluido abbraccio e sento sciogliere come sale l’afa e l’inquietudine che mi opprimono.
Immergo le fatiche, le pagine già scritte, il bene, il male, i ghigni perfidi chi non sa capire, il tempo speso, il dare e l’avere dei bilanci di una vita intera.
E lì immobile sott’acqua riacquisto il mio tempo e risalgo.
Risalgo le parole, i visi, le strade, gli abbracci, i sorrisi, le notti senza tempo, le pagine da scrivere, pagina di bellezza senza pari, nel delirante dono della vita.
E riaffioro..mentre il cielo disciolto in acquazzone, goccia su goccia, istante su istante, si unisce al mare in un amplesso senza fine.
A.L.C
***
Buona vita
Errori, sentimenti cangianti che non chiedono scusa e disorientano la bellezza di occhi che non arrivano mai a toccare la bellezza del cuore. Voli che non si
afferrano, inferni che non bruciano, amori che non si dicono, amori che non si vogliono, amori accordati al primo carnefice e negati a chi spala la neve delle paure vicine e distanti accumulata
da venti gelati e tormente dell’anima.
Si, perché è così che va a volte la vita. L’anima barattata per una notte di sesso e poesia, l’anima in vendita per un pugno di tenerezza, l’anima puttana; nascosta sotto il cuscino, muta,
soffocata, senza gocce di innocenza e splendore, divina città rasa al suolo da una ricercata e perfetta solitudine, arida, arida come seni deserti, devastata e muta, cantico dimenticato, opera
d’arte sepolta, fuoco che cova sotto le ceneri… Demoni, uomini, donne e parole e maldicenze. Pensieri che fanno bene, pensieri che fanno male. L'ideale da cancellare, la storia da
riscrivere.
E quanta bellezza, quanta vita, quanta poesia si nega dietro i silenzi e gli occhi di chi ha cancellato con un dito la speranza, di chi tiene in grembo segreti, figli, dolori e meraviglie. Chi ha
giocato di più? Chi vinse, chi perse? Chi ha costretto la tenerezza a perdersi nel labirinto dell’instabile pazzia? E poi fughe. E poi silenzi. E poi colpevoli omissioni. Diluvio di
considerazioni sconsiderate fino a capire che davvero, non c’è niente da capire, non c’è niente oltre la somma di parole svolazzanti. Artifici letterari, bottiglie vuote, falsi dipinti, corridoi
angusti e gelidi.
Per poi capire che è la vita il vero splendore che illumina il mondo.
Dolcezza sterminata, smarrimento che abbraccio e dimentico per stupirmi ancora.
.
Raccontami una Fiaba
C’era una volta…
la fiaba iniziava così...
Figlia di quella via principe che percorreva un narrare davanti ad una
fiamma scoppiettante di un ceppo acceso.
Favole al sapore vero, autentico, delle cose buone capaci di parlare al
cuore e che facevano sospirare guardando al cielo pensando che forse
qualcosa di magico poteva accadere davvero…
Chi semina vento raccoglie tempesta, chi semina amore raccoglie
qualcosa che non so definire ma, che scende su di noi come una
schiera d’angeli a rievocare la poesia di un tempo lontano che non
muore mai.
Ed oggi non è solo nostalgia del passato, semmai nostalgia per un futuro
che già nel presente sfuma il valore delle grandi cose racchiuse in contenitori semplici,
nostalgia di quel tempo che forse non ho saputo capire, perdendo
quello che irrimediabilmente è stato il
mio tempo migliore, il nostro tempo migliore.
Fatto di canti che s’innalzavano al cielo intonando sulle note di una sgangherata
pianola “ Vieni Gesù, che nasci per noi” e il cuore sembrava allargarsi davvero
per far spazio a quel Bambino che veniva in mezzo a noi a illuminarci sotto
una stella che ci rendeva buoni legandoci tutti in un abbraccio, senza
guardare chi stava sempre un gradino al di sopra degli altri, ma uniti,
in un girotondo di piccole mani che scaldavamo soffiandoci sopra le
nuvole di fiato che contrastavano nell’aria gelata. Poi, dopo la novena
tutti a casa, una minestra calda, una favola davanti al camino, la voce
della nonna, un letto ad attenderci e la notte i pensieri volavano verso
il soffitto, immaginando quel bambino “meno fortunato di noi” che veniva
al freddo e al gelo e ci stringevamo con le nostre stesse braccia provando
un amore infinito…
Ed ora cosa resta di quel tempo, di quella vita, di quell’amore?
Restano i ricordi impigliati nella rete del cuore…
L’abbraccio di mio padre, la sua risata ed una letterina infilata sotto il piatto,
un maglione enorme fatto per me da mia madre, la neve che brillava sotto
un cielo stellato, i giochi, i canti, le corse con ai piedi le scarpe nuove,
e la spensieratezza di quegli anni senza pretese…
Oggi cos’è irrequieta nostalgia? O cosa?
No, io mi commuovo, semplicemente, malinconicamente, teneramente,
per tutto quello che ingovernabilmente bello era il Natale di un tempo.
Una sorta di favola che vorrei ritrovare ancora, come segno di un calore
che non muore mai e che non annega nel consumismo, ma che affonda
d’amore dentro di me, dentro ognuno di noi..
Il Natale racchiuso in una fiaba...Una Madre Immacolata, un Falegname
dal cuore buono, un bue, un asinello e la Luce di un Bambino nato per noi
a permeare ogni giorno nel cuore di tutti.
Raccontami una fiaba...ancora una volta.
Un Sogno in affitto
Camminavo a piedi nudi fra le rovine di tempi passati in quella notte d’inquietudine e di pensieri contrastanti.
Ma lasciai che il passato si accoccolasse in un angolo della mente,trafugando immagini e volti, soprapponendoli al magico splendore della stelle e non vi fu altra luce quella sera a farmi
compagnia.
Decisi di prendere in affitto un sogno.
Uno di quello che trovi per caso, nato chissà come,forse in un giorno fatto di poesia e musica, forse, in una fonte di acqua pura dove bagnare la mente per viaggiare sulle ali dell’armonia.
O forse,costruendo un ponte verso l’incanto,un modo per un’esistenza alternativa, per sfuggire al grigiore del quotidiano vivere.
E poco importava se non fossi mai riuscita a comprare quel sogno tutto mio.
Mi bastò prenderlo in affitto,in un mattino caldo e assolato,dentro un centro storico di una cittadina di provincia,su una grande piazza che portava in un parco lussureggiante e carico di profumi
e silenzi.
Condividevo quel sogno prendendolo per mano,con chi amore capiva,con chi amore sapeva,con chi amore era.
Divenne carezza tenera,un bacio nato sotto gli alberi, un bacio mai dato sotto le lenzuola.
Il sogno inseguiva me,mentre io lo prendevo solo in affitto,senza voler capire,senza voler spiegare a quel cuore che abitava già nel mio
Nel Sole
Come si fa a dipingere un quadro di sensazioni e di emozioni che senti nascere dentro…
Come si fa a mettere nero su bianco parole e raccontare una giornata con il Sole,la sua carica ,la sua energia,la sua luminosità ,il sentirsi avvolta in un cielo meravigliosamente vivo che
contiene tutto questo…
Ci sono istanti che vorresti immortalare,farne quadri o sculture che possano restare nel tempo e nella memoria..
Ma come si fa immortalare un battito,un abbraccio interminabile e indimenticabile perché un abbraccio può trasferire in pochi istanti la mente ed il cuore nella mente e nel cuore,fondere due
esistenze,sbriciolare il tempo,far sentire quel che le parole mai e poi mai saprebbero narrare…
In quell’abbraccio la parola si accoccolò in un angolo delle nostre menti per lasciarci soli,per dare ai nostri occhi la possibilità di specchiarsi.
E’ possibile fermare il tempo pensai, mentre la sua mano scorreva con amorevolezza e passione sui miei capelli,possibile perdersi in un abbraccio mi dissi mentre le sue mani stringevano le mie,è
possibile lasciarsi andare e vivere in un istante quello che poi conservi nel cuore per tutta una vita,mi ripetevo mentre andavo via e sentivo ancora il suo cuore battere contro il
mio…
Piove
Piove. Piove senza sosta, piove tanto, piove troppo, e sono le lacrime degli angeli che vengono a perdonare le nostre umane fragilità e a coronarci di uno splendore che a volte ci avvicina a Dio ma che non sappiamo accettare e comprendere.
Piove, e l'inverno in anticipo bussa alle porte cogliendoci impreparati,e ppure anche la pioggia infonde la sua dolce melodia, avvolta in carta velina al sapore nostalgico.
Ci vorrebbe un abbraccio fatto di sapori antichi che portano l'eco di racconti lontani davanti ad un fuoco che brucia legna e discorsi,risate e brindisi con un vino novello che intreccia fasci di luce tra filari d'uva, di gonne sollevate dal vento in corsa su una vecchia biciclietta e una voce che ordina di andare piano, mentre mani raccolgono dai vigneti grappoli preziosi come l'oro.
Si, ci vorrebbe un abbraccio mentre fuori piove, e le note di Mozart graffiano l'anima.
Ci vorrebbe un abbraccio fatto di piccole cose, di coccole sotto le coperte interrotte dai gridolini di gioia dei figli bambini che saltano sul letto di domenica mattina. Di dolci appena
sfornati, di visini da lavare impiastricciati di nutella e latte.
Ci vorrebbe un abbraccio mai immutato nel tempo che faccia capire che il cuore è un'orologio disabitato dal tempo, dove le ore , i minuti, i secondi sono scanditi da quei battiti uguali come allora, e che ritrovi in due occhi capaci ancora di corteggiare l'anima.
Ci vorrebbe un abbraccio, mentre abbracci te stessa guardando da dietro i vetri la pioggia che cade e ti poni mille perchè senza avere risposte, al riparo della ormai rarefatta dote di umanità che azzera gli orizzonti della possibilità degli uomini migliori, ti stringi addosso un vecchio pullover per non vedere la fredda logica dell'umana presunzione che va oltre il limite sostenibile della mente...
Mentre fuori piove e nonostante tutto c'è chi ancora sogna un mondo a colori.
Anna Laura
Come le foglie...
Ci sono cose che restano intatte nella polvere del tempo, basta una piccola cosa,un piccolo gesto per accendere un ricordo insieme a quei battiti del cuore capaci ancora di regalare emozioni e meraviglia.
Allora lascio che la nostalgia non prenda il sopravvento sulla bellezza che ho davanti, e che non so spiegare.
Lascio che il mio sguardo si perda fra il cielo infinito e la pioggia di foglie ballerine che volteggiano nell’aria sfumando l’estate e i suoi colori, e scioccamente mi chiedo se a volte la nostra vita non sia simile a quelle delle foglie, un tempo giovani e verdi, felici, di appartenere a quell’albero di linfa vitale, e di come tutto può cambiare, tutto può mutare nel giro di un istante, trasportate da quei soffi di vita che spingono lontano, prima a farti volteggiare poi fino a farti cadere nel tappeto delle false illusioni arrestando la tua corsa.
Eppure, c’è poesia in questo contraddittorio senso della vita, c’è poesia in una foglia che cade, se solo se ne riesce a cogliere la bellezza conservandola in
quelle pagine di vita che aiutano, leggendo, a capire e a comprendere anche gli errori altrui, quelli che ti ritrovi addosso come macigni, come un pugno nello stomaco che ti fa piegare in due sulla
tua stessa esistenza senza sapere neanche il perché…
C’è poesia , se solo riesci a capire che l’eternità non ci appartiene, che quel tempo che fu, che è stato, oggi è, domani chissà…
E così lascio che la vita non si spieghi ,che mi lasci i miei tanti perché, mentre sbriciolo fra le mani foglie secche di un passato, e provo a inventare nuovi colori immaginando una primavera che
verrà
Anna Laura